GUIDA ALL’ASCOLTO
Del concerto del CIMA
del 19 febbraio 1998
Programma:
- Benedetto Marcello (16861739):
*
Salmo I “Beato l’uom che dietro a’ rei consigli
*
Salmo III “O Dio, perché cotanto è mai cresciuto”
*
Salmo VIII “Oh di che lode, di che stupore”
*
Salmo XV “….
*
Salmo XXVIII “O prole nobile”
Benedetto
Marcello è uno dei massimi compositori della scuola veneziana
della prima metà del Settecento. Di poco più giovane di
Vivaldi, muore prima di lui. E’ anche fratello di Alessandro,
l’autore del concerto per oboe di cui fa parte il famoso adagio
utilizzato in Anonimo
veneziano. Tuttavia alcuni
attribuiscono quella composizione proprio a Benedetto.
Il
nostro autore faceva parte di quella schiera “di nobili
veneziani che,, pur non praticando la musica come professione, vi si
applicarono con intensità e genialità1.
Scrisse tra l’altro Il
Teatro alla Moda, “una
feroce satira del mondo melodrammatico contemporaneo … che
gettò il discredito su tutta la produzione teatrale italiana
del sec. XVIII”2.
L’opera
più importante del nostro autore è proprio l’Estro
poetico armonico, e cioè
questi Salmi. Il
titolo è un polemico riferimento all’opera strumentale
dell’altro grande musicista veneziano dell’epoca, cioè
Vivaldi, autore dell’Estro
armonico pubblicato 12 anni
prima, nel 1712.
Quest’opera di Marcello è una composizione musicale di
carattere piuttosto particolare: le composizioni che contiene non
sono oratori, non sono cantate, non sono composizioni liturgiche. Si
tratta di parafrasi, abbastanza libere, che spesso si discostano dal
testo biblico, dei Salmi, composte da un altro patrizio veneziano
amico di Marcello, Giustiniani, in italiano e non in latino, quindi
con una certa intenzione di avvicinarli alla gente comune.
Alcuni
ecclesiastici e cardinali romani proposero a Benedetto Marcello
questa operazione che culminò “in un ciclo di
trattenimenti
dall’8 luglio al 23 settembre, dal cardinale Pietro Ottoboni,
nel Palazzo della Cancelleria, nell’anno stesso, 1739, e nei
giorni in cui l’autore a Brescia si sarebbe spento”3
L’iniziativa
culturale e religiosa dei cardinali romani aveva uno scopo di
edificazione religiosa del popolo, e infatti nella prefazione
all’edizione originale si parla di “significare gl’impeti
spaventevoli della divina giustizia” e “la devota pietà
del cuore che parla con Dio.”4
Lo
stile di queste composizioni è piuttosto lontana da quello
della contemporanea musica sacra tedesca, ma anche italiana, e invece
presenta andamenti melodici tipici di un’epoca successiva,
della fine del Settecento, se non addirittura dell’Ottocento. I
singoli salmi assumono una veste musicale molto variegata, con
differenti organici: le voci possono essere 1, o 2, o 3 o 4, e sono
sostenute da un accompagnamento piuttosto ridotto: organo o
clavicembalo, violoncelli o 2 violini. Ognuna delle composizioni
viene suddivisa in sezioni molto brevi, con continui cambiamenti di
stile, di tempo, di carattere.
Benedetto
Marcello:
Salmo
primo “Beato l’uom che dietro a’ rei consigli”
(Salmo 1. Le due vie)
Verso I
Il testo
Beato l’Uom, che dietro a’ rei consigli
De’
scellerati non andò giammai,
E che non fermò
‘l piede
Su quelle torte
vie, dove fan gli empj
Della lor vita il
corso;
E
molto meno in cattedra s’assise
Di pestilenza ad
infettare altrui
Con corrotte
dettrine e pravi esempj.
La musica
Il
brano è un fugato a due voci (contralti e bassi), dalla
melodia sciolta e scorrevole. Abbiamo qualche elemento descrittivo:
quando si parla delle vie torte degli empi l’andamento si fa
cromatico5
e realmente ‘tortuoso’. Intervalli strani si hanno anche
sulle parole ‘corrotte dottrine’, quasi ad esprimere una
sorta di ripugnanza per queste eresie.
Verso II
Il testo
Ma la divina legge
Fatta
del suo volere il solo oggetto,
In
essa e giorno, e notte
Immerge
la sua mente e immerge il core
La musica
La
parte iniziale è un solo del contralto su una melodia dal
ritmo puntato. Segue subito un canone del coro sulle parole ‘immerge’
e infatti i contralti si immergono in note abissalmente basse per
loro. Conclude il brano un elegante vocalizzo di ambedue le voci.
Verso III
Il
testo.
Egli sarà qual arbore
Presso
piantato a un rivolo
D’acque
correnti e limpide,
Ch’avrà
ne’ tempi debiti
Tutto
di frutta carico
Il
folto e verde crin;
La musica
L’inizio
del contralto solista è ‘lento’, come si conviene
all’albero ben piantato di cui parla il testo. Un po’ più
di movimento si ha subito dopo quando si parla di acque ‘correnti
e limpide’.
Verso IV
Il testo
Frondi
mai non vedrannosi
Da
pianta così nobile
O
scolorite od aride
Al
suol morte cader;
Ma
tutto ciò, che faccia,
Un
dì fia, che conducasi
A
lieto e dolce fin.
La musica
Di nuovo abbiamo, all’inizio, un canone eseguito dal coro. Cominciano i bassi seguiti dopo tre battute dai contralti, mentre il basso continuo segna il tempo con una specie di ‘ostinato’ discendente. Sulle parole “Ma tutto ciò …” ecco un duetto dei sue solisti che cominciano omofonicamente, eseguendo la stessa melodia su diverse note, mentre poi le loro parti si sfalsano, dialogando. Sulle parole “un dì …” riappare il coro, con un nuovo canone spigliato e gioioso, quale si conviene al contenuto ottimistico del testo.
Verso V
Il testo
Non
già così degli empii;
Saran
bensì qual polvere,
Che
dalla terra balxano
I
venti, e la disperdono.
La musica
Alla gioia appena manifestata si contrappone la
cattiva novella per gli empi, annunciata dal contralto solista con
una breve frase in stile di recitativo. Segue la descrizione della
loro cattiva sorte con una melodia piena di scomodi salti ascendenti
e discendenti, sempre cantata dalla solista. E sulla parola finale
‘disperdono’ anche le note si disperdono in un lungo
vocalizzo inframmezzato da pause che rappresentano questa
frammentazione e dispersione della polvere in cui gli empi sono
ridotti.
Verso VI
Il testo
Pertanto
nel terribile
Universal
giudicio
Non
sorgeran per vivere,
Né
più frammischierannosi,
Come
quaggiù facevano,
Con
alme giuste i reprobi.
La musica
Torna il coro con un altro canone, la cui melodia si caratterizza per il salto di terza maggiore discendente sulla parola “terribile”, in modo da rendere l’idea. Sulle parole “né più frammischierannosi” la distanza tra le due voci si riduce in una specie di ‘stretto’, in modo che effettivamente contralti e bassi ‘frammischiansi”, come per descrivere la parola e non la sua negazione.
Verso VII
Il testo
Sono esposte e son care al Signor nostro
Le
vie per cui camminan gl’innocenti;
Ma
le strade degl’empj
Periscono,
dileguansi.
La musica
Il
primo verso viene cantato dal contralto solista: è quasi un
brevissimo recitativo per introdurre
la
fuga del coro: alla frase in note lunghe introdotta dai contralti
risponde subito il ‘controsoggetto’6
dei bassi su una scala discendente che allude in maniera molto chiara
al perire e al dileguarsi degli empi. Questi due elementi si
ripresentano più volte in modi variati e con molta efficacia..
Benedetto
Marcello
Salmo
III “O Dio,
perché cotanto è mai cresciuto”
Benedetto
Marcello
Salmo
VIII “Oh di
che lode, di che stupore”
Benedetto
Marcello
Salmo
XV “….
Benedetto
Marcello
Salmo
XXVIII “O prole nobile”
Il testo
O prole nobile di magni principi
Al tempio vadano e si presentino
Agnelli teneri al potentissimo nostro Signore.
All’augustissimo suo nome rendasi gloria.
E nell’atrio santo e magnifico
Del tabernacolo inni si cantino all’augustissimo.
E al ciel s’innalzino voci d’onore.
La musica
Dopo un inizio omofonico delle tre voci corali
(bassi, tenori e contralti), su valori più brevi le tre
sezioni svolgono un dialogo sulle parole “al tempio vadano …”,
dopo di che questa sezione si conclude su alcune battute di nuovo
omofoniche. Ora i solisti corrispondenti riprendono, con qualche
variante la melodia mossa già cantata dal coro. Rientra il
coro con una nuova melodia costituita di ripetute scale discendenti
intervallate da impennate a zig zag sulle parole “e al ciel
s’innalzino”. Tutto il brano si conclude con alcune
battute in stile omofonico.
Il testo
Tuona sull’acque con maestade
E
con orribile nostro terrore
Di
Dio la voce fa sentirsi dall’alte nuvole sopra la terra
Oscura
e pavida tempesta atroce gir minacciando
La musica
Il
brano ha fortissime caratteristiche descrittive. All’inizio
tutte le voci sono insieme nell’esprimere il terrore di fronte
al dio che si manifesta nei fenomeni naturali. Poi le voci si
separano per qualche battuta, dialogano, con un bell’effetto
di concitazione drammatica, cui contribuiscono anche le semicrome del
basso continuo.
Il testo
Oh! Da qual forza è accompagnata
Quale
splendore, quanto spavento Ella mai spande.
O
come svelle quei così antichi cedri del Libano,
Cui
rendono forti cent’anni e cento.
La musica
Al
‘presto’ della sezione precedente succede ora un ‘largo’
caratterizzato dal contrasto tra due elementi: da un lato una frase
lenta e statica di minime, con frequente ripetizione della stessa
nota o piccoli spostamenti, e dall’altro una specie di
serpentina di semiminime che passa di voce in voce cambiando
continuamente forma, fino ad una conclusione omofonica sull’elemento
composto di valori lunghi.
Il testo
Come nei prati van saltellando gli armenti teneri,
Allor
che pasconsi di fiori ed erbe;
La musica
Questo
adagio, affidato ai due solisti, il tenore e il contralto, è
una specie di ‘siciliana’, un brano in tempo di 12/8, dal
ritmo puntato7
dall’andamento cullante, quasi di ‘barcarola. E’
una forma musicale usata soprattutto per brani di carattere
pastorale, e infatti qui si parla proprio di ‘teneri armenti’.
Il brano è composto secondo lo stile dell’’imitazione’:
che “consiste nella riproduzione … di un motivo, o parte
di esso, proposto in precedenza da un’altra parte”8.
Il brano successivo segue senza soluzione di continuità.
Il testo
Tal
questa voce forte e tremenda
Balzar
fa i monti
Tanto
che toccano le loro il cielo cime superbe
La musica
In
netta contrapposizione col brano precedente, dopo la polifonia
torniamo all’omofonia, dopo i solisti torniamo al coro, dopo
l’Arcadia torniamo agli effetti drammatici che interrompono
l’idillio pastorale precedente. Dopo i primi due versi del
testo pronunciati all’unisono dalle tre voci corali, sulle
parole “tanto che toccano” ogni singola voce,
intervenendo l’una dopo l’altra, a canone, compie delle
scalette ascendenti per aggiungere, appunto, il ‘cielo’
dei rispettivi registri vocali. Il testo già cantato viene poi
ripetuto tornando allo stile omofonico e partendo da una nota più
alta di un tono, Ma stavolta il coro canta degli accordi, non la
stessa nota. Intanto però i bassi introducono delle dissonanze
per far sentire la drammaticità della situazione. Riprende
infine, con qualche variante nel finale, il canone dell’ascesa
al cielo che abbiamo già sentito.
Il testo
In
mille parti squarcia le fiamme de’ lampi e fulmini,
Ed
altri nembi dal ciel disserra.
Indi
per queste fiamme squarciate
S’apre
la strada ond’ella scende
Tutta
a commuovere la bassa terra.
La musica
Il
dramma continua in questo ‘presto’ che comincia in modo
polifonico e subito dopo ci fa sentire tutto il coro insieme sulle
parole ‘de’ lampi e fulimini’. Segue subito dopo un
brevissimo fugato caratterizzato da un insistito cromatismo fino a
quando tutti si ritrovano insieme sulle parole “dal ciel
disserra”. Ritorna la polifonia con un tema fatto di un
arpeggio ascendente seguita da un arpeggio discendente sulle parole
“ond’ella scende”.
Il testo
Questa
tremenda voce possente
Scuote
di Cades gl’orribilissimi ampi deserti
La musica
Di
nuovo gli effetti drammatici vengono perseguiti da uno scandire
omofonico delle parole del testo su note ripetute o che si alzano o
abbassano di poco, mentre il movimento e i salti li abbiamo
nell’accompagnamento strumentale. La polifonia in questo brano
è completamente assente, se si esclude un piccolissimo
vocalizzo dei contralti nel finale.
Il testo
E
le cervette per lo timore
Fa
che producano parti immaturi,
E
cangia i boschi in campi aperti!
La musica
Ma
ci siamo dimenticati dei poveri animali che saranno atterriti da
tutto questo dramma meteorologico, tanto da produrre ‘parti
immaturi’.. E infatti i solisti rivolgono un pensiero a loro,
con discrezione, cantando piano, anch’essi nello stile
rigorosamente omofonico che abbiamo sentito un momento fa. Il coro
raccoglie l’invito dei solisti e completa il brano nello stesso
stile.
Il testo
Or
mentre ch’odesi
Tal
voce tremano
I
monti altissimi
E
le de’ fulmini fiamme si squarciano,
E
i boschi n’ardono e ‘l mondo s’empie
Tutto
d’orrore.
Sen
corra al tempio divoto il popolo
Per
riconoscere qual nell’Altissimo
Possanza
scoprasi
E
implori supplice il suo benefico almo favore!
La musica
Lo
stile non cambia ancora: in tempo lento (è un ‘largo’)
il coro torna a usare l’omofonia (come nel penultimo brano) per
produrre effetti drammatici, aiutandosi in questo con un intenso
ricorso alle dissonanze e un rapido movimento di semicrome nel basso
continuo. Dopo una lunghissima nota di 7/4 del coro sulla parole
“orrore”, sottolineata dal movimento dell’accompagnamento
strumentale, il clima cambia improvvisamente: tenori e contralti
introducono una melodia gioiosa e danzante sulle parole “sen
corra al tempio …”, cui si uniscono subito anche i
bassi. Il cielo si è rasserenato.
Il testo
Dunque
si speri!
La
musica
E con la declamazione delle otto battute di questo ‘adagio’, sempre in stile omofonico, dall’ottimo effetto retorico, il cambiamento di situazione viene solennemente sancito. Si può quindi passare all’allegro’ successivo.
Il testo
Dopo l’orribile nembo fiunesto
Scender
vedrannosi acque feconde!
La musica
Il contralto ci presenta una melodia piacevole e spigliata, simile a quella con cui si era concluso il penultimo brano, di cui in un certo senso costituisce uno sviluppo. Viene dato anche abbastanza spazio al virtuosismo: sulla parola ‘feconde’ la solista può così mostrare quanto è brava a fare trilli e vocalizzi.
Il testo
E
fia che sieda sopra il suo trono il grande Iddio eternamente
Qual
augustissimo re che governi
La
terra e l’onde eternamente!
La musica
Il brano comincia con un breve fugato del coro. Poi ecco la parola “eternamente” cantata per un’eternità (7 battute) dai tenori, mentre bassi e contralti tornano all’omofonia. L’ intreccio tra questi due elementi si ripropone subito dopo, con la parola ‘eternamente’ che passa prima ai contralti e poi ai bassi.
Il testo
Ei
renderà la gente sua possente,
Colmeralla
di pace
E
la farà con immutabil tempre
La musica
Piccolo
duetto tra i due solisti che inizia all’unisono e poi si
sviluppa brevemente con il procedimento dell’imitazione.
Il testo
Mai
non turbarsi e viver lieta sempre!
La musica
E
per finire, ecco una fuga vera e propria. Il ‘soggetto’ è
basato su valori lunghi, ha un andamento discendente, per gradi
congiunti e anche con un po’ di cromatismo. Su questo tema si
canta la prima semifrase, mentre il controsoggetto (sulle parole “e
viver lieta sempre”) ha un andamento più mosso
(prevalenza di semiminime) e contiene più salti.
1
Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, Milano,
1976, p. 412.
2
Ibidem.
3
Cfr. L’introduzione del primo tomo degli spartiti dei Salmi
a cura di Lino Biancxhi, Edizioni EDI-PAN, Roma, 1983.
4
Ibidem.
5
Cioè per intervalli di semitoni
6
Mentre il ‘soggetto’ è il tema principale della
fuga, il ‘controsoggetto’ è il secondo tema che
si intreccia col primo secondo precise e complesse regole.
7
Cioè con note puntate, che prolungano di metà la loro
durata.
8
Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, p. 343.
Nessun commento:
Posta un commento