venerdì 10 febbraio 2012

Saul

saul1.doc salvato 9 dicembre 1997, ore 1.30 
 guida all'ascolto del Saul

Guida all’ascolto dell’oratorioSaul” di G. F. Haendel (1685-1759)



Il Saul è stato scritto da Händel nell'anno 1738. E' lo stesso anno dell'Israel in Egypt. Ambedue gli oratori si basano su un libretto di Charles Jennens (1700-1773), che così comincia una lunga collaborazione artistica con il nostro compositore. Si tratta del quarto oratorio inglese scritto da Händel (dopo Esther, Deborah e Athalia) e consolida il cambiamento avvenuto con l'abbandono della composizione di opere italiane. Questo nuovo periodo della vita musicale inglese (e non quindi del solo Händel) è strettamente legato con il clima culturale che vedeva la contrapposizione tra i 'teisti' (che affermavano l'intervento provvidenziale di Dio nella storia) e i 'deisti' che si limitavano ad affermare l'esistenza di un essere supremo, senza seguire quindi una determinata religione positiva1.
L'oratorio si caratterizza per una forte struttura drammatica. I recitativi sono molto spesso dei dialoghi, le arie non sono mai molto lunghe. La somiglianza con il melodramma è molto netta. Non sarebbe inconcepibile una rappresentazione 'agita', in forma di melodramma (all’inverso di quanto spesso si fa quando si rappresenta un melodramma in forma di oratorio).

La storia

Atto primo

Il vero protagonista dell’oratorio è Davide, l’eroe emergente, che provoca l’invidia del vecchio re Saul, che ha l’onore del titolo soprattutto perché è lui il soggetto del vizio descritto, l’invidia, appunto.
Nella prima scena il coro, il soprano e un terzetto presentano il personaggio di Davide.
Nella seconda scena Davide appare in carne ed ossa. Egli viene presentato dal grande sacerdote Abner a Saul. Questi ora cerca di approfittare del prestigio e delle capacità del giovane e gli chiede di restare presso di lui. Per invogliarlo maggiormente gli promette in sposa la propria figlia Merab. Questa però non apprezza il giovane eroe, che non ha abbastanza sangue blu per i suoi gusti. Invece sua sorella Micol già prova per lui sentimenti amorosi e non approva l’atteggiamento altezzoso di Merab. Allo stesso tempo nasce l’amicizia per Davide dell’altro figlio di Saul, Gionata, che - al contrario della sorella – dice di disprezzare nascita e beni e di preferire la virtù. Ma arrivano le fanciulle del paese a fare festa. Si ascolta una sinfonia.
Nella terza scena si svolge la festa: il coro esalta sia Davide che Saul, ma più il primo che il secondo, perché ha ammazzato più gente. Ciò suscita l’invidia di Saul, che pensa che forse non gli resta che cedere il trono al giovane.
Nella quarta scena Gionata disapprova la ‘gaffe’ del coro e Micol consiglia a Davide di addolcire la furia di Saul con il suono dell’arpa. Poi la stessa Micol racconta di come Davide è effettivamente riuscito ad addolcire Saul.
Nella quinta scena il grande sacerdote Abner descrive Saul in preda alla rabbia. Davide prega Dio di controllare lo spirito maligno del re. Ma non viene esaudito. Saul si scatena e lancia un giavellotto contro Davide. Ma non lo colpisce. Allora comanda a Gionata di ucciderlo.
Nella sesta scena si vede Gionata combattuto tra l’amore filiale e l’amicizia per Davide. Ma la lotta interiore si conclude con il rifiuto di obbedire al padre. E con il coro che chiede a Dio di conservare in vita Davide
Si conclude il primo atto.

Atto secondo

La prima scena del secondo atto consiste in una riflessione del coro sull’invidia, che è il vizio caratteristico di questo oratorio di Händel.
Nella seconda scena abbiamo un dialogo tra i due amici, Gionata e Davide. Gionata dice che è più facile che il Giordano scorra verso la sorgente piuttosto che lui torca un capello all’amico. Inoltre dice a Davide che Saul ha cambiato idea sul matrimonio della sua figlia maggiore Merab con Davide, il quale ne è contento, perché aveva capito che questa era ‘dispettosa’, a differenza della sorella Micol.
Nella terza scena entra di nuovo in scena Saul, che chiede al figlio se ha obbedito all’ordine di uccidere Davide. Gionata cerca di dissuadere il padre dai suoi propositi omicidi e sembra di esservi riuscito. Saul giura che non ucciderà il giovane e chiede a Gionata di invitarlo a tornare a corte.
Nella quarta scena Saul sembra riconciliarsi con Davide, cui promette in sposa stavolta l’altra figlia, Micol. Ma segretamente Saul conta sul fatto che i Filistei uccideranno Davide.
La quinta scena è il colloquio tra i due promessi sposi: un vero e proprio duetto d’amore. Dopo il duetto il coro riafferma il principio che chi cammina nella via del Signore non ha nulla da temere dai nemici.
Nella sesta scena ritroviamo i due fidanzati che si incontrano dopo la guerra contro i Filistei dalla quale Davide – contro le attese di Saul – è uscito indenne. E racconta che il re ha tentato di ucciderlo di nuovo. Davide ride della persecuzione e non ha paura. Ma Micol lo spinge a fuggire.
Infatti nella settima scena emissari di Saul cercano Davide, che viene convocato a corte. Micol risponde che Davide non può andare perché è malato. Ma il messaggero di Saul scopre che nel letto non c’è l’eroe, ma un fantoccio.
L’ottava scena consiste in un monologo di Merab che ora passa dalla parte di Davide e comincia anch’essa a preoccuparsi della sua possibile uccisione.
La scena nona rappresenta Saul alla festa del novilunio: dopo un brano strumentale, Saul, in un monologo, si compiace della sua prossima vendetta su Davide.
Nella decima si scontrano di nuovo Saul e Gionata, che difende Davide. Saul, al colmo della rabbia, tenta di uccidere il suo stesso figlio con un giavellotto. Il secondo atto si conclude con una riflessione del coro sui perversi effetti della rabbia.

Atto terzo

La prima scena ci mostra Saul, travestito, che si appresta a chiedere aiuto, per i suoi fini vendicativi, alla strega di Endor.
Nella seconda scena si svolge il colloquio tra Saul e questa strega. Saul le chiede di evocare il profeta Samuele. La strega evoca gli spiriti infernali.
Nella terza scena appare effettivamente Samuele, che però si rifiuta di dare a Saul l’aiuto richiesto e lo rimprovera di aver risparmiato l’Amalecita, preferendo dedicarsi al saccheggio. Per questo motivo Dio gli ha tolto il regno, preferendo Davide. Un nuovo brano orchestrale funge da intermezzo che precede la presentazione della nuova situazione, nella scena quarta.
Qui abbiamo l’incontro tra Davide e un Amalecita, che torna dal campo di battaglia in cui padre e figlio, Saul e Gionata, sono morti entrambi. Saul, ferito dai Filistei sul monte Gelboe (lo stesso monte presso il quale Giosuè disse la famosa frase: “Fermati, o sole!”), ha chiesto a questo Amalecita (cioè un israelita della stirpe di Amalec), di finirlo. Ma Davide, che non apprezza l’eutanasia, maledice l’Amalecita e lo fa uccidere da uno dei suoi servi.
Una marcia funebre precede la quinta ed ultima scena che ha per sottotitolo “Elegia sulla morte di Saul e Gionata”. Il lamento funebre viene cantato dal coro, dal gran sacerdote, da Merab, da Davide e da Micol. Dopo i discorsi funebri su Saul (di cui ora vengono dimenticati tutti i difetti) il gran sacerdote e il coro invitano Israele e a confidare nel nuovo re, Davide.

Atto primo

N. 1. Ouverture (11’ 55’’)2

La sinfonia iniziale è nettamente più ampia che nella maggior parte degli altri oratori di Händel. Ha una struttura quadripartita: allegro, larghetto, allegro, minuetto. E’ una vera e propria piccola sinfonia, che anticipa in un certo senso la sinfonia classica dei tempi di Haydn, Mozart, Beethoven. Il rapporto con l’argomento dell’oratorio non esiste o è difficilmente identificabile. In pratica si tratta di un ampio brano strumentale che poteva essere accoppiato a qualsiasi altro oratorio, come del resto era prassi compositiva in quell’epoca.
L’allegro (dura 4’ 2’’) ha una struttura del genere del concerto grosso, con la classica contrapposizione tra frasi suonate da tutta l’orchestra (‘ripieno’) e frasi eseguite da pochi strumenti (‘concertino’).
Il larghetto (dura 1’ 52’’) si differenzia dall’allegro sia per il ritmo (3/4 invece che 4/4) che per la tonalità (la minore, cioè il relativo minore del precedente do maggiore). E’ un brano molto dolce e piacevole, caratterizzato dall’alternanza tra fiati e archi.
Il secondo allegro (dura 2’ 46’’) torna al do maggiore iniziale e vede l’entrata in scena anche dell’organo che si presenta con ampi brani solistici. L’organo qui funge da ‘concertino’ contrapposto al ‘ripieno’ secondo lo schema del ‘concerto grosso’3.
Il ‘minuetto’ (dura 3’ 15’’) pur essendo in do maggiore, ha una certa affinità col larghetto per il ritmo ternario (come d’obbligo, d’altronde, trattandosi, appunto, di un minuetto).

N. 2. Coro (2’ 43’’)

Testo





Commento
Dopo un’introduzione strumentale solenne (il tempo è ‘maestoso’) e abbastanza ampia (1 minuto), con l’intervento significativo delle trombe, il coro intona un canto di lode dal tono chiaramente celebrativo, con un andamento rigorosamente omofonico per più di metà del brano. Le trombe sono sempre presenti negli intervalli degli interventi corali, mentre gli archi fioriscono il tutto con rapide semicrome. Poi abbiamo un brano fugato sulle parole Above all heav’ns, o King ador’d, e sul finale il coro torna brevemente all’omofonia, mentre l’orchestra si avvia a concludere il brano.

N. 3. Aria (soprano) (1’ 30’’)


Testo








Commento
Brano molto semplice e bello, tutto basato sulla linea melodica, mentre l’orchestra, dopo una serie di accordi che anticipano la frase della solista, si limita ad un discreto accompagnamento di crome, in funzione di sostegno armonico.

N. 4. Trio (controtenore, tenore, basso) (1’ 32’’)


Testo






Commento
L’indicazione di tempo è di tipo del tutto inconsueto: ‘ardito forte’. Dopo pesanti accordi introduttivi dell’orchestra i tre solisti espongono la loro frase bellicosa (in cui si sente un’eco delle polemiche religiose del tempo, e in particolare della campagna contro l’ateismo: non a caso – credo – Golia viene chiamato ‘ateo’). Poiché contro l’’ateismo’ bisogna opporre un fronte compatto, la struttura è rigidamente omofonica. Qualche deviazione di qualche voce che fa qualche vocalizzo non altera la precisa contemporaneità della pronuncia del testo.

N. 5. Coro (26’’)


Testo





Commento
Comincia ora – stranamente - una serie di ben quattro brani corali consecutivi. Il primo ha un carattere molto diverso dal trio che lo ha preceduto. Prima avevamo bellicosità e pesantezza, qui invece abbiamo un andamento danzante e leggero. Cominciano i soprani, il cui intervento è inframmezzato dalla ripetizione dell’elegante melodia da parte dei fiati, tra i quali si distinguono soprattutto gli oboi. Intervengono poi le altre voci che addensano il tessuto polifonico che si avvia rapidamente ad una provvisoria conclusione che apre la strada al coro successivo.




N. 6. Coro (1’ 34’’)


Testo





Commento
Si tratta di una fuga vera e propria, di impianto molto tradizionale. Cominciano i tenori, seguiti, a una sola battuta di distanza, dai bassi, mentre alla dodicesima battuta intervengono i soprani seguiti dai contralti. Soggetto e controsoggetto si intrecciano in modo molto elegante e piacevole fino alla conclusione omofonica.

N. 7. Coro (47’’)


Testo






Commento
Il brano è la ripetizione abbreviata del n. 2: manca l’introduzione orchestrale e la prima parte solenne e maestosa è tagliata per fare spazio quasi subito alla ripetizione identica del fugato. Tutta questa parte iniziale dell’oratorio è densa di interventi corali, e quindi, così come il coro del n. 6 fungeva da preparazione della fuga del coro del n. 7, così questo brano funge da preparazione di un nuovo brano corale fortemente polifonico, il seguente ‘Hallelujah’.

N. 8. Coro (1’ 33’’)


Testo



Commento
Anche questo brano è un fugato, ma non una fuga vera e propria4. Tenori e bassi cominciano all’unisono enunciando il tema principale. Rispondono tenori e contralti con un disegno discendente di crome, e ad essi fanno eco soprani e bassi con lo stesso disegno. Poi, mentre i tenori espongono di nuovo il tema fondamentale, le voci femminili introducono un nuovo elemento costituito da un veloce vocalizzo di semicrome. Dopo aver così esposto tutta la merce, ci si può concedere un breve episodio omofonico. Poi le voci tornano a differenziarsi su varianti del precedente disegno di crome. Tutta questa roba si alterna e si mischia successivamente in vari modi portando fino al climax e quindi alla conclusione costituita da un breve ‘adagio’ solenne con una cadenza plagale5.

N. 9. Recitativo (Abner, Saul, Davide) (0’ 45’’)6


Testo















Commento
Più che un recitativo di oratorio, sembra un recitativo di melodramma: abbiamo qui ben tre personaggi che dialogano tra loro come nel dramma musicale.

N. 10. Aria (Davide) (1’ 59’’)


Testo









Commento
Sarebbe l’aria più lunga dell’oratorio, ma in assoluto non è molto lunga, a conferma della relativa brevità che caratterizza la maggior parte dei brani di questo oratorio. Nella nostra edizione viene eseguita solo la prima metà del brano.
Le crome e semicrome dell’accompagnamento degli archi, i trilli, i vocalizzi, il carattere prevalentemente ‘grazioso’ dello stile del brano sottolineano la captatio benevolentiae che qui Davide opera nei confronti di Saul, declinando con modestia la lode che gli è stata tributata, e dando tutto il merito al Signore.

N. 11. Recitativo (Gionata) (0’ 23’’)


Testo









N. 12. Recitativo (Saul, Merab) (18’’)7


Testo








N. 13. Aria (Merab) (1’ 14’’)


Testo








Commento
Il tempo (‘allegro’) e l’abbondanza di sincopi danno un’impressione di nervosismo che esprime bene lo ‘sdegno’ schifiltoso con cui Merab respinge l’idea del matrimonio con quello zoticone parvenu di Davide. Dal punto di vista musicale non c’è male.

N. 14. Aria (Micol) (1’ 48’’)


Testo





Commento
Senza soluzione di continuità, l’aria di Merab è seguita da quella della sorella Micol, che ha un’opinione completamente diversa su Davide e per questo disapprova l’atteggiamento aristocratico di Merab. Tuttavia questa differenza di atteggiamento non si traduce, nella prima parte del brano (‘allegro’), in una differenza musicale (a parte la minore presenza di sincopi e il passaggio dalla tonalità di la maggiore a quella di la minore).Forse Händel del ha voluto descrivere l’atmosfera di disputa tra sorelle, piuttosto che entrare nel merito. La linea melodica è praticamente la stessa, con diverse varianti. In pratica questa aria dal punto di vista formale non è che la seconda parte dell’aria precedente, in cui – come era caratteristica di questo genere musicale – lo stesso materiale già esposto viene ripresentato con varianti e con qualche episodio virtuosistico in più.
Le cose cambiano nella seconda parte, che appare quindi come la seconda parte di una seconda parte di un’aria composta dalle due arie (di Merab e di Micol). Dopo che nel finale della sezione precedente si era tornati dalla tonalità di la minore a quella di la maggiore, si passa ora a fa maggiore, mentre cambia anche il tempo (tre quarti invece di quattro quarti). Sulle ultime parole del testo di questo brano (Ah! Lovely youth …) abbiamo un momento di lirismo che vuole esprimere il malinconico rimpianto per il fatto che Davide sembri in questo momento destinato ad unirsi alla cattiva sorella.

N. 15. Sinfonia (1’ 08’’)


Commento
In questo caso la ‘sinfonia’ non ha solo una funzione di riempitivo, di ‘jolly’ che potrebbe stare in qualsiasi posto. L’orchestrazione, la presenza del ‘carillon’ allude ad una danza di tipo vagamente orientale (ma forse quasi estremo-orientale più che medio-orientale, ma si sa che nel Settecento le conoscenze geografiche erano approssimative e tutti gli orienti erano equivalenti), e quindi prepara la situazione del n. 17, in cui “in lieta danza” le giovani del paese festeggiano l’eroe vincitore, Davide.

N. 16. Recitativo (10’’)


Testo




N. 17. Coro (primi soprani, secondi soprani, contralti, primi tenori, secondi tenori, bassi) (1’ 29’’)


Testo









Commento
L’introduzione orchestrale di questo brano ripete il tema della precedente sinfonia. Siccome sono donne, “le figlie del paese” che vanno a felicitarsi per la vittoria, il coro qui è incompleto e comprende solo le voci femminili. Il carattere ‘staccato’ con cui il brano va cantato è in armonia con lo stile della parte orchestrale, anche se la linea melodica omofonica del terzetto corale è molto diversa. Verso il finale anche i maschi sono stati contagiati dalla festa delle donne, e prima i tenori (divisi in due sezioni), poi i bassi, si uniscono al tripudio, in modo che il brano, iniziato come terzetto finisce come sestetto.

N. 18. Accompagnato (0’ 21’’)


Testo



Commento
L’’accompagnato’ è un recitativo in cui il solista, oltre che dal basso continuo, è – appunto – ‘accompagnato’ dall’orchestra nel suo insieme o da una parte di essa. Spesso l’’accompagnato’ è quasi un’’aria’ o un ‘arioso’. Ma in questo caso è un brano molto breve in cui l’orchestra serve solo a sottolineare la rabbia e l’invidia di Saul.

N. 19. Coro (0’ 34’’)


Testo





Commento
Qui il commento non può ignorare la mentalità bellicista presente nel testo. Insomma, Davide è meglio di Saul perché ha ammazzato dieci volte più persone! Il testo è una chiara illustrazione del detto secondo cui chi ammazza una persona è un assassino, chi ne ammazza mille è un generale, e chi ne ammazza un milione è uno statista.
Dal punto di vista musicale, si tratta di un brano tutto omofonico, salvo qualche sdoppiamento di qualche semiminima in crome in qualche voce. Solo qualche alternanza di ‘piano’ e ‘forte’ introduce qualche sfumatura in un brano semplicemente celebrativo.

N. 20. Accompagnato (0’ 14’’)


Testo





Commento
L’invidia di Saul per la maggiore dimensione delle stragi perpetrate da Davide viene qui espressa, potremmo dire, ‘in prosa’ prima di cantarci sopra un’aria.



N. 21. Aria (Saul) (1’ 21’’)


Testo






Commento
Saul comincia con un arpeggio che sembra un bellicoso squillo di tromba. Dopo un veloce interludio orchestrale, il re ripete il suo grido che ora diventa l’avvio di una melodia energica prevalentemente scandita sulle note dell’accordo. Anche quando si lancia in alcuni vocalizzi, non si tratta di un elemento decorativo, bensì di un’esigenza espressiva: l’oscillare delle crome fa pensare piuttosto al fremere della rabbia.

N. 22. Recitativo (Gionata, Micol) (0’ 40’’)


Testo









Commento
Niente di importante. Stranamente, Händel non approfitta nemmeno della menzione dell’’arpa’ per farvi una qualche allusione musicale.

N. 23. Aria (Micol) (2’ 34’’)


Testo








Commento
L’episodio che poteva essere sfruttato musicalmente – l’addolcimento dell’anima di Saul mediante la musica – è già passato, e ora Micol lo racconta. Anche qui non si sentono suoni di una lira (o di uno strumento simile, come l’arpa), come ci si potrebbe aspettare. Ma invece della lira abbiamo il flauto. La dolcezza di questo ‘larghetto’ in ¾ fa pensare all’’addolcimento’ dell’anima esacerbata di Saul per opera della musica. Fin dall’introduzione orchestrale emergono gli assolo e i trilli del flauto. Il riferimento è chiarissimo quando, sulla parola struck (“toccò”) il trillo della cantante solista viene subito seguito da un trillo identico dello strumento. Poco dopo la ‘dolcezza’ dei suoni balsamici della lira di Davide viene raffigurata dalle duine discendenti legate sulle parole soft gliding down his ravished ears. La ‘pace’ raggiunta dal re è indicata da un andamento più tranquillo – anche con qualche ‘ritardando’ - del discorso musicale nella parte finale dell’aria e dai commenti in ‘eco’ del flauto.

N. 24. Recitativo (Abner) (0’ 11’’)8


Testo






N. 25. Aria (Davide) (3’ 40’’)


Testo









Commento
Aria molto bella: l’introduzione di crome ribattute su un ‘largo’ in tre quarti apre la strada alla pacata riflessione di Davide sulla pazienza divina. Un paio di battute di orchestra introducono un breve sviluppo della melodia e poi una battuta in ‘adagio’ conclude la prima parte, corrispondente alla prima strofa del testo. Dopo due battute Davide continua sulle parole If yet his sin … con la ripetizione esatta della stessa melodia. Si tratta di un’aria molto semplice, messa su in economia di mezzi, ma di indubbia qualità ed efficacia.

N. 26. Recitativo (Gionata)9 (0’ 14’’)


Testo




N. 27. Aria (Saul) (1’ 43’’)


Testo








Commento
Aria drammatica di grande effetto, che esprime molto bene l’agitazione e la furia della mente di Saul. Da notare l’ondeggiare della linea melodica e dei vocalizzi sulla parola serpent, come alludendo alla forma del temibile rettile. Dopo aver insistito più volte su quest’immagine del ‘serpente allevato in seno’, la linea melodica trova una variante nel breve e conciso finale in cui si esplicita l’obiettivo dell’invettiva: quell’ambizioso ragazzo.

N. 28. Recitativo (Saul) (0’ 19’’)


Testo






Commento
Il recitativo segue l’aria precedente senza soluzione di continuità anche perché la situazione scenica (non c’è scena, ma possiamo immaginarla) lo richiede. Dopo l’invettiva, Saul era passato ai fatti, lanciando il giavellotto contro l’’ambizioso ragazzo’. Ma aveva mancato il colpo e la cosa gli secca alquanto.

N. 29. Accompagnato (Gionata) (1’ 20’’)10


Testo








Commento
Questo ’accompagnato’ è in netto contrasto con la precedente furiosa aria di Saul che abbiamo appena sentito. All’’allegro’ di quella segue il ‘lento’. L’accompagnamento degli archi – con la sua alternanza tra lunghi accordi e crome, crome puntate e semicrome - commenta la riflessione di Gionata e sottolinea la drammaticità della situazione.

N. 30. Aria (Gionata) (1’ 34’’)


Testo









Commento
L’aria è la logica continuazione dell’’accompagnato’. Anche qui l’orchestra, con le sue quartine di semicrome legate due a due, viene in aiuto al personaggio sottolineando l’intenzione persuasiva che il suo canto esprime. Ma dopo una prima sezione in tempo ‘larghetto’, Gionata arriva alla conclusione che, per far cambiare idea al padre, oltre che la dolcezza della persuasione ci vuole pure un po’ di energia, e che intanto bisogna rifiutare di obbedire all’ordine criminale. Si passa così all’’allegro moderato’, mentre il ritmo di 3/8 viene sostituito da quello di 4/4. Intanto anche le quartine di semicrome dell’orchestra cambiano funzione e sottolineano la combattività del nuovo atteggiamento del personaggio.

N. 31. Coro (2’ 51’’)11


Testo





Commento
Questo fugato che conclude il primo atto si caratterizza per un tono più meditativo che non celebrativo. Si tratta infatti di una preghiera fiduciosa alla divinità a cui si chiede di proteggere l’eroe. Il tempo è ‘allegro moderato’, e ‘moderato’ è anche, per così dire, lo stile del pezzo. I tenori propongono una frase abbastanza lunga, discorsiva. Le altre voci entrano ognuna a quattro battute di distanza dalla precedente (salvo i bassi che si distanziano di cinque battute, insieme ai tenori e ai contralti). Con l’addensarsi delle voci il volume di suono aumenta e la ‘moderazione’ si attenua, ma non scompare. Più avanti quando per qualche battuta c’è la sola presenza di tenori e contralti riappare l’atteggiamento raccolto e meditativo dell’inizio. Il tessuto torna a infittirsi e verso la fine si ha, per tre battute, un breve passaggio all’omofonia.

Fine del primo atto


Atto secondo


N. 32. Coro (2’ 48’’)


Testo












Commento
Questo coro iniziale rappresenta il vizio descritto in questo oratorio (come in altri oratori di Händel vengono rappresentati altri vizi: ad esempio, la gelosia nell’Eracle, ecc.). Il coro ha la forma di un fugato. L’andamento è piuttosto pesante, come evidenziato dall’ostinato dell’accompagnamento orchestrale: per tutto il brano gli strumenti ripetono un’ossessiva scala discendente: forse perché l’invidia è ostinata. Allo stesso tempo gli accordi fortemente scanditi di semicrome puntate seguite da biscrome (sul tipo dell’ouverture alla francese) contribuiscono anch’essi a rendere questoi clima di ossessiva insistenza.
Il coro inizia con note lunghe che passano di voce in voce. L’atmosfera si fa più leggera sulle parole Ever at all good repining, cantate dai contralti su una melodia discendente, cui i soprani rispondono con un’altra frase di andamento inverso, ascendente. Si agganciano i tenori, che ovviamente imitano i soprani e i bassi che imitano i contralti. Poi le voci si accoppiano a due a due (donne da un lato e uomini dall’altro) e poi tutte e quattro si trovano insieme su un breve episodio omofonico piuttosto lento. Le iniziali pesante note discendenti dei bassi degli archi preparano la seconda parte con parole diverse dall’inizio, ma con la stessa melodia. Questa ripresa tuttavia è più breve dell’esposizione precedente e porta rapidamente alla conclusione.

N. 33. Recitativo (Gionata)

Testo

Ah, carissimo amico, rovinato da troppa virtù! Pensate che un cattivo spirito fu la causa di tutta l’ira di mio padre? Fu infatti uno spirito d’invidia e d’un odio mortale. Ha deciso la vostra morte; e ha severamente incaricato tutto il suo seguito – e me in particolare – di compiere la sua vendetta.

N. 34. Aria (Gionata) (2’ 07’’)

Testo

Ma, lo giuro, la corrente del Giordano rapida tornerà alla sua sorgente prima ch’io consenta a torcere un capello a te, prediletto dell’anima mia.

Commento
Dopo il recitativo che espone il problema - il padre lo ha incaricato di uccidere Davide – l’aria presenta la risposta: non si ubbidisce. Naturalmente la decisione non è facile in quel contesto culturale patriarcale, e per questo fin dall’inizio i violini, a canone, esprimono segni di nervosismo con le loro scalette di semicrome. Segue una specie di duetto tra Gionata e l’orchestra che commenta nervosamente le sue affermazioni. L’ansia di Jonata si esprime in diverse forme: insistenza sulla parola swear (“lo giuro”), ripetizioni incalzanti della stessa frase a diverse altezze, oppure interruzione di un vocalizzo all’inizio di una battuta. Non manca un lunghissimo vocalizzo sulla parola roll (scorrerà), dal chiaro intento descrittivo: la corrente del Giordano scorre come un vocalizzo, e per dare un’immagine del corso retrogrado del fiume, non a caso anche l’andamento del vocalizzo, dopo essere andato verso il basso, si rivolge verso l’alto.
A metà dell’aria, sulle parole than I consent il tono si fa più dolce e affettuoso, perché le parole di Gionata sono motivate dall’affetto che nute per Davide. La caratteristica musicale del brano resta sostanzialmente la stessa, sia pure con questo cambiamento di stato d’animo.

N. 35. Recitativo (Saul, Gionata) 12 (25’’)


Testo










N. 36. Aria (Gionata) (2’ 09’’)


Testo













Commento
Facendo seguito a quanto detto nel recitativo, con questa aria Gionata cerca di calmare l’invidia vendicativa di Saul. L’andamento del discorso musicale è tranquillo e pacifico. Le battute dai valori piccoli (3/8) sembrano favorire quest’immagine di semplicità e di innocenza.

N. 37. Aria (Saul) (1’ 17’’)


Testo








Commento
La risposta di Saul è più mossa dell’invocazione di Davide, perché l’invidia e la cattiva coscienza danno agitazione. Per questo si passa dal tempo ‘largo’ dell’aria di Gionata all’’andante’ di questo intervento di Saul. Contemporaneamente, alle leggere battute di 3/8 del brano precedente segue un più pesante ritmo in 4/4. Per il resto tra i due brani c’è una vaga somiglianza, anche se non so definire bene in che consista. La direzione della frase musicale è prevalentemente di senso ascendente, come a indicare il montare della rabbia di Saul.

N. 38. Aria (Gionata) (2’ 44’’)


Testo









Commento
Al discorso di Saul fa seguito l’insistenza di Gionata, che loda Davide ed esalta la capacità di controllare se stessi (e qui è evidente l’allusione all’intemperante Saul, che non possiede questa capacità). La melodia è identica a quella della sua aria precedente fino alle parole He can himself subdue. A questo punto la musica cambia (nello spartito della nostra edizione questa seconda parte dell’aria di Gionata costituisce un numero a sé). Si ritorna all’’andante’ e ai 4/4, cioè allo stesso tempo e allo stesso ritmo in cui prima aveva cantato Saul. Intanto anche l’orchestra scandisce implacabilmente il tempo con il suo basso continuo di crome, come si era sentito nell’aria di Saul. E’ come se il ragazzo sentisse che non basta la persuasione, ma che c’è bisogno di scendere sullo stesso terreno dell’avversario: si può combattere la furia di Saul mettendosi in un certo senso sulla sua stessa lunghezza d’onda.

N. 39. Recitativo (Gionata) (0’ 31’’)


Testo













Commento
Saul fa finta di accettare le invocazioni del figlio (ma sottovoce dice che gli è proprio difficile dissimulare).

N. 40. Recitativo (0’ 26’’)13


Testo






Commento
Recitativo convincente che lascia un po’ sentire la vibrazione dell’amore di Micol.

N. 41. Duetto (Micol, Davide) (2’ 36’’)


Testo
















Commento
L’introduzione orchestrale presenta subito il caratteristico ritmo di 6/8. Questi sei ottavi della battuta sono divisi in due metà di 3 crome l’una, e ciò produce l’andamento cullante che ricorda sia la danza siciliana da cui prende il nome (‘siciliana’, appunto) questo genere di composizione, sia l’andamento cullante della barcarola. Quando entrano in scena i solisti questa caratteristica ritmica è un po’ meno evidente perché spesso la linea divisoria tra le due metà della battuta è coperta da una croma puntata seguita da semicroma. Dopo l’intervento di Micol, Davide ripropone la stessa melodia con qualche variante. Poi i due cantano omofonicamente insieme e subito dopo c’è un breve accenno ad un canone. Ma quasi subito si torna all’omofonia e le linee melodiche sono parallele a distanza di una terza. Dopo una lunga nota tenuta e una ripresa della melodia principale abbiamo qualche vocalizzo prima dell’una poi dell’altra solista, fino alla breve ‘coda’ in ‘adagio’ che conclude il grazioso brano.

N. 42. Coro (1’ 29’’)


Testo








Commento
La musica è nient’altro che una variante e un adattamento di quella del precedente duetto. E’ un coro di intonazione consolatoria, edificante: si vuole dire che chi ama Dio può stare tranquillo, senza preoccupazioni. Per trasmettere un messaggio così rassicurante ci vuole un tipo di musica anch’esso rassicurante. E quindi va benissimo la barcarola, o la siciliana, il ritmo cullante dei 6/8 già sentito. I vocalizzi invece di farli una voce del coro, li fanno gli archi dell’orchestra. L’accenno di canone capita due volte invece che una sola, ma per il resto la fisionomia musicale è sostanzialmente quella del brano precedente.




N. 43. Recitativo (Davide) (0’ 32’’)14


Testo










Commento
Il recitativo fa sentire l’indignazione dell’eroe, prima che si esprima in modo più spiegato nell’aria seguente.

N. 44. Duetto (Davide, Micol) (1’ 15’’)


Testo













Commento
Davide canta una frase musicale agile e nervosa, poi ripetuta a partire da una quarta più in su. La sua indignazione non lo porta ad atteggiamenti vendicativi. Cerca di mostrarsi ‘superiore’, ma l’andamento musicale fa capire che non è sereno. L’intervento di Micol è musicalmente simile, ma con in più un atteggiamento di protezione (ci sono meno crome e più semiminime) e poi, sulla parola fly ripetuta, si sente l’apprensione per il destino del suo amato.

N. 45. Recitativo (Micol, Doeg) (0’ 30’’)


Testo





















N. 46. Aria (Micol) (1’ 27’’)


Testo









Commento
Aria nervosa e combattiva, come si capisce già dall’introduzione orchestrale. A questo contribuisce anche il ritmo di 3/8 molto usato in questo oratorio. Tra una frase e l’altra della solista le semicrome degli archi ribadiscono e accentuano la sensazione del fervore che Micol impiega nel difendere il suo Davide. Sulle parole thou great their power ha inizio una breve seconda parte dell’aria, che però non ha sviluppo. Subito dopo, sulle parole For greather is Jehovah’s might, le note della solista durano un’intera battuta, ma poiché si tratta di battute cortissime, di una semiminima e mezza, ciò non ha nessun effetto di rallentamento, ma solo di evidenziazione della decisione del personaggio.


N. 47. Aria (Merab)15 (3’ 10’’)

Testo

Autore della pace, che puoi controllare ogni passione dell’anima; al cui benigno spirito soltanto dobbiamo parole che scorrono dolci come miele: la sua lingua sia piena del tuo soave influsso, e la rabbia crudele ceda a dolce persuasione.

Commento
E’ una delle arie più belle dell’oratorio: molto meditativa, espressione di chi si propone di controllare le passioni e per questo si rivolge all’aiuto divino. Il tempo è larghetto assai. A sottolineare l’assenza di esteriorità e il carattere introspettivo del brano, l’accompagnamento è essenziale, limitato al basso continuo: troppa compagnia non permette di pensare bene.
Dopo la lenta introduzione del basso continuo su un tema che poi viene ripreso e variato, pur nella persistenza della sua fisionomia generale, Merab inizia la sua riflessione con un’invocazione alla divinità. Sulle parole with thy dear influence ha inizio la seconda parte dell’aria, dall’andamento più fiducioso. Verso la fine la commozione spinge la fanciulla a qualche vocalizzo più audace e nervoso e finalmente gli archi dell’orchestra – che finora avevano taciuto – entra in scena per suggellare le conclusioni della riflessione, preparando allo stesso tempo la successiva sinfonia.


N. 48. Sinfonia (1’ 13’’)



Commento
Ecco una bella marcia trionfale, prima che sia troppo tardi. In realtà Saul celebra un trionfo su qualcosa che non esiste ancora, né esisterà. Musicalmente il brano è molto efficace.







N. 49. Accompagnato (Saul) (0’ 35’’)


Testo







Commento
Comincia qui la scena del sortilegio, che richiama una lunga tradizione del teatro inglese, presente nello stesso Shakespeare oltre che – per avvicinarci all’epoca di Händel – in Purcell (si pensi alla scena delle streghe del Dido and Aeneas). Questo recitativo è quasi un accompagnato, per le sequenze di accordi con ritmo puntato che commentano le diverse frasi dell’intervento di Saul.

N. 50. Recitativo (Saul, Gionata) (0’ 57’’)


Testo






















Commento
Saul comincia in tono conciliante, ma poi scopre subito le carte mostrando che voleva la presenza di Davide solo per ucciderlo. Tanto che finisce per tentare di uccidere il suo stesso figlio.

N. 51. Coro (5’ 31’’)


Testo







Commento
Questo brano, che è il più lungo di tutto l’oratorio, inizia come un fugato. I soprani attaccano una melodia che presenta subito un salto di quarta aumentata (l’intervallo del diavolo, come veniva chiamato, che del resto appare molto spesso nelle fughe). Rispondono i contralti una quarta sotto, poi i tenori sulle stesse note dei soprani e infine i bassi su quelle dei contralti. Dopo che l’orchestra sviluppa da sola la melodia per tre battute, le quattro voci ripetono il fugato precedente su altra tonalità, dopo di che sulle parole With ev’ry law … le quattro voci si trovano insieme a declamare omofonicamente e teatralmente la morale del brano: la rabbia non obbedisce a nessuna legge che tenga fermo il mostro. Poi abbiamo il bis: fugato e parte omofonica si ripetono tale e quale. Dopo di che, su un tempo diverso (3/4 invece che 4/4) abbiamo una vera fuga sulle parole From crime to crime. La melodia è strana e tortuosa, piena di grandi salti e di asimmetrie ritmiche. Sulle parole Nor end, but with his own destruction … abbiamo poi una nuova breve fuga che si intreccia con una parziale ripresa della fuga precedente. Insomma è un brano di grande complessità quello che in questo modo conclude la seconda parte dell’oratorio.
Fine del secondo atto


Atto terzo


N. 52. Accompagnato (Saul) (2’ 25’’)


Testo












Commento
La tonalità di do minore ci introduce in un’atmosfera tragica fin dall’inizio dell’introduzione orchestrale (quasi un’ennesima ‘sinfonia’) che prepara il recitativo accompagnato vero e proprio. Gli accordi ribattuti con un ritmo di crome puntate seguite da semicrome (il tipico ritmo dell’’ouverture alla francese’) esplicitano retoricamente questa situazione emotiva. Ci troviamo ora di fronte ad un Saul pentito che si batte il petto mentre l’orchestra insiste negli accordi puntati simili a quelli del n. 46. Ma il pentimento di una persona che non ritrova l’equilibrio può portare a decisioni sbagliate e avventate. Saul si sente abbandonato dal cielo e allora ricorre all’inferno, e si volge verso il basso, come fa capire anche l’andamento discendente dell’ultima frase di questo suo intervento.

N. 53. Accompagnato (Saul) (0’ 40’’)


Testo



Commento

Abbiamo qui due ‘accompagnati’ consecutivi di Saul. La differenza sta nell’accompagnamento orchestrale: il secondo è meno ‘accompagnato’ del primo: in realtà è un recitativo semplice, in cui l’orchestra si limita a darci degli accordi tenuti invece che i commenti concitati degli accordi ribattuti.




N. 54. Recitativo (strega, Saul) (0’ 38’’)


Testo



















Commento
Questo duetto continua l’’accompagnato’ precedente e ne ha la stessa caratteristica musicale: anche qui ci sono semplici accordi dell’orchestra che
fanno da base al dialogo tra Saul e la strega a cui il re chiede di evocare lo spirito di Samuele.

N. 55. Aria (strega) (2’ 13’’)


Testo







Commento
Brano molto efficace nell’ambito del genere ‘infernale’. Le pesanti battute di accordi in ritmo di ¾ e in tempo ‘largo, quasi andante’ ci introducono subito nell’atmosfera cupa della spelonca della strega.

N. 56. Accompagnato (Samuele, Saul) (3’ 01’’)


Testo





















Commento
Brano piuttosto strano (ma in una spelonca di streghe tutto è strano): stavolta l’’accompagnato’ è accompagnato sul serio. L’inizio (‘largo’) con gli strumenti più bassi dell’orchestra (tromboni, violoncelli, contrabassi) che espongono una strana melodia strisciante sembra quasi introdurre un’aria vera e propria. L’intervento del nuovo personaggio, Samuele, comincia anch’esso con questo andamento strisciante e strano, proprio di chi viene da un altro mondo e che è piuttosto seccato di dover tornare per qualche minuto quaggiù. Piuttosto patetica è la risposta di Saul, intimidito, mentre i violini esplorano la via della captatio benevolentiae con la reverenza di qualche abbellimento musicale. Poi Saul si fa più ardito e, sulla frase che parla di battaglie, ritrova un tono più sicuro. E subito dopo torna a lamentarsi. Il nuovo intervento di Samuele è nello stile tipico del recitativo, con semplici accordi di accompagnamento, che qui servono anche a dare il tono solenne della profezia: Saul dovrà morire insieme ai figli (ma non perché ha ammazzato tanta gente, bensì – al contrario – perché ha omesso di ammazzare qualcuno, l’Amalecita, preferendo il furto all’omicidio16). E il tono della profezia appare con maggiore evidenza prima dell’ultima frase di Samuele, che è preceduta da una semiscala discendente degli archi.

N. 57. Sinfonia (0’ 35’’)


Commento
Breve fanfara che ci introduce all’atmosfera della battaglia. Il brano è caratterizzato anche da una struttura che ricorda un po’ il ‘concerto grosso’ italiano con l’alternanza del ‘concertino’ (composto di pochi strumenti) e il ‘pieno’ (l’insieme dell’orchestra).

N. 58. Recitativo (Davide, Amalecita) (0’ 58’’)


Testo



Commento

Ed ecco che Davide rimedia alla mancanza di Saul, che – come ricordava Samuele – non aveva ucciso l’Amalecita, preferendo il bottino. Invece Davide, quando viene a sapere che Saul e Gionata sono morti, si informa del come. E risulta che il messaggero di sventura è in parte l’autore della sventura stessa, perché aveva aiutato Saul – su sua richiesta - a morire17. Ma quest’atto di pietà o di eutanasia non ha il gradimento di Davide che invece – come si vede nell’aria seguente - lo uccide, vendicando il proprio predecessore e allo stesso tempo compensando la sua antica omissione.



N. 59. Aria (Davide) (1’ 40’’)


Testo











Commento
Le caratteristiche melodiche dell’aria fanno capire che Davide è proprio arrabbiato. Sulle parole against th’anointed of the Lord (“contro l’Unto del Signore”) abbiamo un procedimento tortuoso che si conclude su un re diesis che non c’entra niente con la tonalità, come a sottolineare il carattere aberrante del gesto dell’Amalecita. L’aggressività nei confronti del malcapitato continua a manifestarsi subito dopo negli accordi che scendono giù come una mannaia e nei salti. Poco dopo il tono però si addolcisce con note lunghe, legature di valore, prevalenza di intervalli per gradi congiunti, sulle parole by thee the Lord’s annointed died (“per opera tua morì l’Unto del Signore”). Il brano si conclude con qualche battuta di sola orchestra e un brevissimo ‘adagio’ di tre battute. Questa trasformazione sembra significare che dalla punizione del criminale si passa al compianto per i morti, compianto che sarà il tema dominante dei brani seguenti, a cominciare dalla marcia funebre.

N. 60. Marcia funebre (3’ 05’’)


Commento
Protagonisti di questa marcia funebre sono i fiati, e in particolare i corni (forse perché i morti sono morti in battaglia). Il tempo è ‘grave’. Stranamente la tonalità è maggiore, do maggiore. La struttura del brano è molto semplice: per ben 18 battute nel basso si alternano solo i do e i sol. Dopo l’esposizione della melodia, come in eco, ecco i fiati più alti (flauti) che danno una nuova versione dello stesso motivo. Poi ecco un po’ di modulazione (da do maggiore a re minore). La melodia varia un po’, e guarda chi si vede, niente meno che un preannuncio della melodia di See the conqu’ering hero comes del Josua (del 1747) e del Giuda Maccabeo (del 1748), che Händel non aveva ancora scritto. Si ripete il gioco da ‘concerto grosso’ con l’alternarsi di frasi con tutta l’orchestra (e con prevalenza dei fiati bassi) e ripresa in eco da parte dei flauti. Si passa così all’altro brano funebre, stavolta col coro.



N. 61. Coro (3’ 24’’)


Testo






Commento
E’ un coro funebre, genere in cui Händel era abbastanza esperto. Il brano presenta una certa somiglianza con il Whretched Israel del Giuda Maccabeo. Dopo una breve sequenza di accordi staccati, una specie di brevissimo fugato orchestrale basato su scalette di crome (in tempo ‘largo assai’) introduce i lamenti delle diverse voci che emettono la frase Mourn Israel spostandosi solo di un tono o di un semitono. Ogni voce pronuncia questa brevissima frase partendo da una nota più alta (bassi: do; soprani: re; tenori: mi bemolle; contralti: fa). Poi la frase si allunga un po’ e poco dopo tutti si fermano su note che occupano l’intera battuta. Ora i tenori provano ad allungare un po’ questa brevissima frase, ma siamo sempre sullo statico. E il brano continua in questo stile fino alla conclusione. Verso la fine, anzi, questo carattere si fa ancora più marcato con dei Mourn più lenti e isolati, e perfino le crome dell’orchestra arrestano il loro movimento. Questa struttura così apparentemente elementare, è di grade efficacia.

N. 62. Aria (Davide)18 (2’ 05’’)


Testo







Commento
Questa aria sembra piuttosto un recitativo accompagnato. Sulle parole be by their women now despis’d si nota una notevole somiglianza con una frase del Messiah, ed esattamente il n. 2 (recitativo accompagnato: comfort ye). Il tono generale è quello di una veemente perorazione retorica.

N. 63. Aria (Davide) (2’ 03’’)19


Testo







Commento
Ed ecco qui che torna lo strumento musicale di Davide, la cetra (o qualcosa che le somigli: arpa, archi suonati col pizzicato). Prima serviva per calmare la furia di Saul, mentre ora serve per addolcire e calmare il dolore di Davide stesso per la morte dell’amico Gionata20. E’ strana la contraddizione tra il tono malinconico del canto (il tempo è ‘larghetto’) e il contenuto del testo che esalta le stragi che l’amico aveva compiuto. Forse ciò si deve perché in superficie il tema è quello delle gesta di Gionata, mentre il tema reale è la malinconia per la sua morte.

N. 64. Coro (0’ 21’’)


Testo





Commento
Ci pensa il coro a dare l’intonazione bellicosa che mancava all’aria di Davide. Si tratta di un brano brevissimo e allegro. Questo carattere viene inoltre accentuato dalle rapide semicrome dell’orchestra, che danno l’immagine della velocità delle aquile e della forza dei leoni.

N. 65. Aria (Davide)21 (4’ 28’’)


Testo










Commento
Questa bella aria riprende l’intonazione malinconica dell’aria precedente e anticipa il brano successivo (Davide e coro): le semiminime ripetute iniziali si riascolteranno nel brano seguente e introducono l’atmosfera di melanconica riflessione che caratterizza questa sezione dell’oratorio. Qui è l’orchestra a fungere da ‘eco’, da risonanza della riflessione del vero protagonista (che infatti è Davide, molto più di Saul). L’ultima nota dell’aria sta nella prima battuta del brano seguente, col quale quindi costituisce un tutt’uno.

N. 66. Solo (Davide) e coro (4’ 40’’)


Testo

















Commento
Brano molto, molto bello, che per il clima e non so per quale altro motivo ricorda un po’ il finale del Dido and Aeneas di Purcell. Tutta questa quinta scena, che ha come centro il lamento funebre sulla morte di Saul e di Gionata, trova qui un primo momento culminante (prima del coro finale). Dopo che la morte è stata trattata dalla marcia funebre, da un primo coro (Mourn, Israel, n. 58), da due arie consecutive di Davide, da un altro breve coro celebrativo e una nuova aria di Davide (e nell’edizione completa ci sono anche un’aria del gran sacerdote e un’aria di Merab), ecco qui che il coro e Davide si trovano insieme. Comincia Davide, insieme ai soprani, risponde il coro e poi Davide e coro cantano insieme la prima semplice frase, lenta e solenne, come una marcia funebre, appunto. Subito dopo Davide espone la sua melodia, più elegiaca e meno solenne. Risponde di nuovo il coro (insieme a Davide) continuando la melodia di Davide, ma in modo ovviamente meno ‘lirico’ e più scandito, solenne. Poi Davide elabora ampiamente la sua melodia con un accompagnamento molto discreto del solo basso continuo, come se il compianto per l’amico perduto avesse bisogno di raccoglimento, di “privacy”, come se quindi una presenza troppo ampia dell’orchestra fosse sentita come un’intrusione. D’altronde il ‘lirismo’ di questo intervento è anche giustificato dal fatto che si tratta di un vero e proprio canto d’amore, e la cosa è anche abbastanza esplicita: “Grande era il piacere che godevo in te, e più che l’amore di donna era il tuo mirabile amore per me!”.
Anche il coro ha capito il suggerimento e il suo nuovo intervento è anch’esso più discreto. All’inizio, ci sono solo le voci femminili all’unisono, più consone alla voce, femminile anch’essa, di Davide, e al contenuto del suo canto. Solo dopo si uniscono le voci maschili, ma senza alzare troppo il volume. Prima i tenori, poi i bassi completano l’accordo di do maggiore. Riprende così la ‘marcia funebre’ dell’inizio, con qualche variante. Questa frase viene stavolta maggiormente sviluppata e acquisisce – grazie ad un ritmo un po’ meno simmetrico (note da ¾ seguite da una nota da ¼ invece della costante successione di semiminime, e, subito dopo, semiminime puntate seguite da crome) - un moderato grado di drammatizzazione sull’esclamazione-domanda “come puoi risollevare la tua testa abbattuta”. Nella conclusione del brano la desolazione (la ‘testa abbattuta’) si sente nello zig zag discendente di tutte le voci, mentre nei bassi degli archi si sentono per la prima volta in questo brano delle semicrome ascendenti (che si erano già sentite nella precedente aria di Davide) che sembrano alludere alle ‘lacrime’ appena evocate dal testo del coro, che così si conclude, mentre l’orchestra continua per poche battute a riflettere su quanto è stato detto.

N. 67. Recitativo (gran sacerdote) (0’ 27’’)


Testo







Commento
Si poteva concludere l’oratorio con il coro precedente, ma allora non ci sarebbe stato happy end. A questo provvedono questi ultimi due brani. Col recitativo si dà la motivazione della fine delle lacrime e si indicano le radiose prospettive che stanno dinanzi. Musicalmente questo recitativo non contiene nulla di importante.

N. 68. Coro (5’ 16’’)


Testo











Commento
E’ il secondo brano dell’oratorio per lunghezza (il più lungo è il coro che conclude il secondo atto). Dopo un’introduzione orchestrale dall’andamento di fanfara di vittoria, il coro esprime un unanime ed omofonico elogio a Davide. Da questa unanimità si staccano per poche note i soprani sulle parole pursue thy wonted fame; l’esclamazione viene ribadita con secchi accordi dalle altre voci. L’invito a proseguire (go on) rimbalza da una voce all’altra, e poi il coro torna ad un momento di omofonia sulle parole be prosperous in fight. Questo gioco viene ripetuto con varianti finchè, dopo una specie di rallentamento della fanfara orchestrale, i tenori iniziano una fuga in cui i secchi go on che si erano già sentiti fungono da controsoggetto. Ritorna poi l’omofonia con i soliti accordi sul go on. Subito dopo ecco una nuova breve fuga su un tema che è una variante di quello della fuga precedente. Il nuovo episodio fugato si conclude con una ripresa della fanfara orchestrale.
Abbiamo ora un nuovo episodio: i tenori, sulle parole While others by the virtue charm’d intonano una strana melodia che comincia con una stessa nota ripetuta nove volte. Alla fine della frase abbiamo un certo movimento, e questo dà il segnale per la ripresa delle esclamazioni di tutte le altre voci (sulle parole shall crowd). Il tema viene ripreso dai contralti, dopo di che ritorna l’andamento omofonico sulle parole to own thy righteous sway.
Gli stili ora si mescolano: sulla ripetizione delle parole while others … abbiamo un mix di omofonia e polifonia, e, visto che stiamo avvicinandoci al finale, non stonerebbero i vocalizzi, come quelli che sentiamo subito emettere da soprani e contralti. Ma poi i contralti, seguiti dai bassi e infine da tenori e contralti insieme, riprendono, con piccole varianti, il tema delle note ribattute, e tutto il coro risponde di nuovo omofonicamente.
Ci si avvia così alla conclusione, con grande sfoggio dei vocalizzi già prima fatti sentire, mentre l’orchestra dirada un po’ i suoi accordi per far sentire meglio questi virtuosismi. Ma prima della fine mancavano i soprani a farci sentire la melodia della nota ribattuta, e lo fanno su una nota molto alta (un ‘sol’ sopra il rigo). Dopo di che non resta che concludere il brano e tutto l’oratorio con una ripresa omofonica dell’ultimo tema.
1 Cfr. quanto scrive a questo proposito Paolo Fabbri nell'opuscoletto illustrativo dell'edizione discografica diretta da John Eliot Gardiner per la Philips (426 265-3) (in cui canta anche il nostro Philip Salmon nella parte di 'witch of Endor).
2 Il tempo indicato a fianco dei titoli dei diversi numeri è la durata dell’esecuzione nell’edizione discografica diretta da Gardiner.
3 Nel concerto grosso si ha la contrapposizione tra il ‘tutti’ (con tutti gli strumenti), cioè ‘concerto grosso’ propriamente detto, e ‘concertino’, gruppo di pochi strumenti che dialoga con il ‘tutti’.
4 Ringrazio il mio alunno Seminaroti per le dilucidazioni fornitemi in proposito.
5 Per cadenza plagale si intende quella in cui si ha una successione di accordi del quarto e del primo grado invece di quelli sul quinto e sul primo. Questo tipo di cadenza è caratteristico di brani di sapore un po’ arcaico.
6 Qui nella nostra edizione saltiamo un recitativo di Michal seguita da un’aria dello stesso personaggio, che invece sono presenti nell’edizione diretta da Gardiner.
7 Anche qui la nostra edizione omette 3 arie e due recitativi.
8 Qui vengono omessi – nella nostra edizione - un recitativo e un ‘accompagnato’ del grande sacerdote.
9 A questo punto ci sarebbe una ‘sinfonia’ – che viene omessa nella nostra edizione – in cui si sente il suono di quella
famosa ‘arpa’ di David tanto efficace nel calmare Saul.
10 Prima c’è un’aria di Merab, omessa nella nostra edizione.
11 Omettiamo la precedente aria del grande sacerdote.
12 Qui sono omessi un recitativo e un’aria di Gionata.
13 Qui si omette un’aria di David e un recitativo di Saul.
14 Si omette una ‘sinfonia’.
15 Si omette un recitativo di Merab.
16 Gli Amaleciti si erano messi sulla strada degli Ebrei quando essi uscirono dall’Egitto (Samuele I, 15, 2, Bibbia concordata, Mondadori 1982, p. 661), per questo Dio aveva comandato a Saul di sterminarli. Saul invece preferì prendere le loro greggi per farne sacrifici. Ma Samuele allora aveva risposto (Samuele I, 15, 22, ivi p. 663) che “l’obbedienza vale più del sacrificio”. In quell’occasione, poi, Samuele si era allontanato da Saul e questi si era aggrappato alla sua veste, che si strappò, fatto che Samuele interpretò come uno strappo di Saul da Israele. D’altronde Dio si era già pentito di aver fatto Saul re. Questi precedenti facevano già di Saul un candidato alla sconfitta e alla sostituzione da parte di un altro eroe, Davide.
17 Come dicevo più sopra (nota 3) questa versione dei fatti corrisponde prevalentemente a quella del capitolo 1 del secondo libro di Samuele in cui l’Amalechita dice: “Mi trovavo per caso sul Monte Gelboe, quando vidi Saul appoggiato alla sua lancia, pressato da carri e cavalieri. Egli si voltò indietro, mi vide e mi chiamò. Io risposi: Eccomi. Mi disse: Chi sei? E io gli risposi: Un Amalecita. Mi ordinò allora: Avventati su di me e uccidimi, perché mi ha preso un crampo, sebbene sia ancora nel pieno possesso delle mie facoltà. Mi collocai allora al di sopra di lui e l’uccisi, rendendomi conto che non avrebbe potuto sopravvivere alla sua caduta. Poi presi il diadema che portava in capo e il bracciale che aveva al braccio per portarli qui, dal mio signore.” E dopo aver stracciato le vesti e chiesto al messaggero la sua identità, comanda di ucciderlo. E David giustifica questo omicidio dicendo: “Che il tuo sangue ricada sul tuo capo, poiché la tua stessa bocca ha testimoniato contro di te dicendo: Io ho ucciso l’unto del Signore”. (Samuele II, 1, 6-16, Bibbia concordata, Mondadori, 1982, pp. 705-706). Invece due pagine prima (Bibbia concordata, cit., pp. 703-704, Samuele I, 31, 4-5) si dice: “Allora Saul disse al suo scudiero: ‘Snuda la tua spada e trafiggimi con essa, che non vengano questi incirconcisi, mi trafiggano e si rallegrino di me’. Ma il suo scudiero non volle, perché aveva molto timore; allora Saul prese la propria spada e si gettò su di essa. E come lo scudiero vide che Saul era morto, si gettò anch’egli sulla propria spada e morì con lui.” Nella Bibbia concordata si constata la contraddizione ma non se ne dà alcuna spiegazione. Si dice soltanto che “Davide rifiuterà sempre una soluzione violenta del proprio conflitto con Saul giungendo al punto di vendicare Saul e i suoi nei confronti di chi avesse attentato alla loro vita” (cfr. ibidem, p. 705, nota). Insomma il librettista di Hndel prende da Samuele II l’elemento dell’uccisione dell’Amalechita, e da Samuele I’elemento della caduta di Saul sulla sua lancia (ma lì era volontaria, mentre qui sembra involontaria)
18 Nell’edizione discografica diretta da Gardiner quest’aria viene attribuita non a David, ma al grande sacerdote (Abner)
19 Si omette qui un’aria di Merab.
20 Questo canto viene riportato nella Bibbia (Samuele II, 1, 17-27) con un particolare rilievo, quasi come citazione di un altro testo. Cfr. Bibbia concordata, Mondadori, 1982, p. 706, nota: “Questo lamento, chiamato dell’arco (ma non è sicuro che esista questa relazione tra i due termini) è senza dubbio antichissimo e viene fatto risalire dalla maggior parte degli studiosi a Davide medesimo; lo stesso vale per il canto di Abner (3, 33). Ambedue sono presi dal Libro del Giusto (…) una raccolta di canti epici non giunta fino a noi che in pochi frammenti.”
21 Nel nostro spartito questo intervento figura come pronunciato da David, mentre nell’edizione discografica diretta da Gardiner è attribuito a Michal. Dal testo non si capisce bene quale sia la versione giusta.
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