lunedì 30 gennaio 2012

[settimana per la cultura 2000 ] http://www.passione.in.angelica.it

L'allestimento ridefinisce lo spazio del salone monumentale della Biblioteca. Dal video si verifica come il pubblico viene coinvolto nella disposizione del palcoscenico come testo a fronte dello stupendo Coro del CIMA di Sabine Mielke Cassola e Sergio Seminovich, di Piero Leone, di Francesca Cerocchi.




[digital editions] http://www.passione.in.angelica.it

martedì 24 gennaio 2012

[file] 7 febbraio 1998 BENEDETTO MARCELLO

[file] 7 febbraio 1998 ore 20.17 Piero file Microfost Word 07

GUIDA ALL’ASCOLTO
GUIDA ALL’ASCOLTO
Del concerto del CIMA del 19 febbraio 1998

Programma:

  • Benedetto Marcello (16861739):
* Salmo I “Beato l’uom che dietro a’ rei consigli
* Salmo III “O Dio, perché cotanto è mai cresciuto”
* Salmo VIII “Oh di che lode, di che stupore”
* Salmo XV “….
* Salmo XXVIII “O prole nobile”
Benedetto Marcello è uno dei massimi compositori della scuola veneziana della prima metà del Settecento. Di poco più giovane di Vivaldi, muore prima di lui. E’ anche fratello di Alessandro, l’autore del concerto per oboe di cui fa parte il famoso adagio utilizzato in Anonimo veneziano. Tuttavia alcuni attribuiscono quella composizione proprio a Benedetto.
Il nostro autore faceva parte di quella schiera “di nobili veneziani che,, pur non praticando la musica come professione, vi si applicarono con intensità e genialità1. Scrisse tra l’altro Il Teatro alla Moda, “una feroce satira del mondo melodrammatico contemporaneo … che gettò il discredito su tutta la produzione teatrale italiana del sec. XVIII”2.
L’opera più importante del nostro autore è proprio l’Estro poetico armonico, e cioè questi Salmi. Il titolo è un polemico riferimento all’opera strumentale dell’altro grande musicista veneziano dell’epoca, cioè Vivaldi, autore dell’Estro armonico pubblicato 12 anni prima, nel 1712. Quest’opera di Marcello è una composizione musicale di carattere piuttosto particolare: le composizioni che contiene non sono oratori, non sono cantate, non sono composizioni liturgiche. Si tratta di parafrasi, abbastanza libere, che spesso si discostano dal testo biblico, dei Salmi, composte da un altro patrizio veneziano amico di Marcello, Giustiniani, in italiano e non in latino, quindi con una certa intenzione di avvicinarli alla gente comune.
Alcuni ecclesiastici e cardinali romani proposero a Benedetto Marcello questa operazione che culminò “in un ciclo di trattenimenti dall’8 luglio al 23 settembre, dal cardinale Pietro Ottoboni, nel Palazzo della Cancelleria, nell’anno stesso, 1739, e nei giorni in cui l’autore a Brescia si sarebbe spento”3
L’iniziativa culturale e religiosa dei cardinali romani aveva uno scopo di edificazione religiosa del popolo, e infatti nella prefazione all’edizione originale si parla di “significare gl’impeti spaventevoli della divina giustizia” e “la devota pietà del cuore che parla con Dio.”4
Lo stile di queste composizioni è piuttosto lontana da quello della contemporanea musica sacra tedesca, ma anche italiana, e invece presenta andamenti melodici tipici di un’epoca successiva, della fine del Settecento, se non addirittura dell’Ottocento. I singoli salmi assumono una veste musicale molto variegata, con differenti organici: le voci possono essere 1, o 2, o 3 o 4, e sono sostenute da un accompagnamento piuttosto ridotto: organo o clavicembalo, violoncelli o 2 violini. Ognuna delle composizioni viene suddivisa in sezioni molto brevi, con continui cambiamenti di stile, di tempo, di carattere.

Benedetto Marcello:
Salmo primo “Beato l’uom che dietro a’ rei consigli”
(Salmo 1. Le due vie)

Verso I

 

Il testo

 

Beato l’Uom, che dietro a’ rei consigli

De’ scellerati non andò giammai,
E che non fermò ‘l piede
Su quelle torte vie, dove fan gli empj
Della lor vita il corso;
E molto meno in cattedra s’assise
Di pestilenza ad infettare altrui
Con corrotte dettrine e pravi esempj.

La musica

Il brano è un fugato a due voci (contralti e bassi), dalla melodia sciolta e scorrevole. Abbiamo qualche elemento descrittivo: quando si parla delle vie torte degli empi l’andamento si fa cromatico5 e realmente ‘tortuoso’. Intervalli strani si hanno anche sulle parole ‘corrotte dottrine’, quasi ad esprimere una sorta di ripugnanza per queste eresie.

Verso II

 

Il testo

Ma la divina legge
Fatta del suo volere il solo oggetto,
In essa e giorno, e notte
Immerge la sua mente e immerge il core

La musica

La parte iniziale è un solo del contralto su una melodia dal ritmo puntato. Segue subito un canone del coro sulle parole ‘immerge’ e infatti i contralti si immergono in note abissalmente basse per loro. Conclude il brano un elegante vocalizzo di ambedue le voci.

Verso III


Il testo.
Egli sarà qual arbore
Presso piantato a un rivolo
D’acque correnti e limpide,
Ch’avrà ne’ tempi debiti
Tutto di frutta carico
Il folto e verde crin;

La musica

L’inizio del contralto solista è ‘lento’, come si conviene all’albero ben piantato di cui parla il testo. Un po’ più di movimento si ha subito dopo quando si parla di acque ‘correnti e limpide’. 
 

Verso IV

 

Il testo

Frondi mai non vedrannosi
Da pianta così nobile
O scolorite od aride
Al suol morte cader;
Ma tutto ciò, che faccia,
Un dì fia, che conducasi
A lieto e dolce fin.

La musica

Di nuovo abbiamo, all’inizio, un canone eseguito dal coro. Cominciano i bassi seguiti dopo tre battute dai contralti, mentre il basso continuo segna il tempo con una specie di ‘ostinato’ discendente. Sulle parole “Ma tutto ciò …” ecco un duetto dei sue solisti che cominciano omofonicamente, eseguendo la stessa melodia su diverse note, mentre poi le loro parti si sfalsano, dialogando. Sulle parole “un dì …” riappare il coro, con un nuovo canone spigliato e gioioso, quale si conviene al contenuto ottimistico del testo.


Verso V

 

Il testo

Non già così degli empii;
Saran bensì qual polvere,
Che dalla terra balxano
I venti, e la disperdono.

La musica

Alla gioia appena manifestata si contrappone la cattiva novella per gli empi, annunciata dal contralto solista con una breve frase in stile di recitativo. Segue la descrizione della loro cattiva sorte con una melodia piena di scomodi salti ascendenti e discendenti, sempre cantata dalla solista. E sulla parola finale ‘disperdono’ anche le note si disperdono in un lungo vocalizzo inframmezzato da pause che rappresentano questa frammentazione e dispersione della polvere in cui gli empi sono ridotti.

Verso VI

 

Il testo

Pertanto nel terribile
Universal giudicio
Non sorgeran per vivere,
Né più frammischierannosi,
Come quaggiù facevano,
Con alme giuste i reprobi.

La musica

Torna il coro con un altro canone, la cui melodia si caratterizza per il salto di terza maggiore discendente sulla parola “terribile”, in modo da rendere l’idea. Sulle parole “né più frammischierannosi” la distanza tra le due voci si riduce in una specie di ‘stretto’, in modo che effettivamente contralti e bassi ‘frammischiansi”, come per descrivere la parola e non la sua negazione.

Verso VII

 

Il testo

Sono esposte e son care al Signor nostro
Le vie per cui camminan gl’innocenti;
Ma le strade degl’empj
Periscono, dileguansi.

La musica

Il primo verso viene cantato dal contralto solista: è quasi un brevissimo recitativo per introdurre
la fuga del coro: alla frase in note lunghe introdotta dai contralti risponde subito il ‘controsoggetto’6 dei bassi su una scala discendente che allude in maniera molto chiara al perire e al dileguarsi degli empi. Questi due elementi si ripresentano più volte in modi variati e con molta efficacia..


Benedetto Marcello
Salmo III “O Dio, perché cotanto è mai cresciuto”

Benedetto Marcello
Salmo VIII “Oh di che lode, di che stupore”

Benedetto Marcello
Salmo XV “….

Benedetto Marcello
Salmo XXVIII “O prole nobile”



Il testo

O prole nobile di magni principi

Al tempio vadano e si presentino

Agnelli teneri al potentissimo nostro Signore.

All’augustissimo suo nome rendasi gloria.

E nell’atrio santo e magnifico

Del tabernacolo inni si cantino all’augustissimo.

E al ciel s’innalzino voci d’onore.

La musica

Dopo un inizio omofonico delle tre voci corali (bassi, tenori e contralti), su valori più brevi le tre sezioni svolgono un dialogo sulle parole “al tempio vadano …”, dopo di che questa sezione si conclude su alcune battute di nuovo omofoniche. Ora i solisti corrispondenti riprendono, con qualche variante la melodia mossa già cantata dal coro. Rientra il coro con una nuova melodia costituita di ripetute scale discendenti intervallate da impennate a zig zag sulle parole “e al ciel s’innalzino”. Tutto il brano si conclude con alcune battute in stile omofonico.

Il testo

Tuona sull’acque con maestade
E con orribile nostro terrore
Di Dio la voce fa sentirsi dall’alte nuvole sopra la terra
Oscura e pavida tempesta atroce gir minacciando

La musica

Il brano ha fortissime caratteristiche descrittive. All’inizio tutte le voci sono insieme nell’esprimere il terrore di fronte al dio che si manifesta nei fenomeni naturali. Poi le voci si separano per qualche battuta, dialogano, con un bell’effetto di concitazione drammatica, cui contribuiscono anche le semicrome del basso continuo.

Il testo

Oh! Da qual forza è accompagnata
Quale splendore, quanto spavento Ella mai spande.
O come svelle quei così antichi cedri del Libano,
Cui rendono forti cent’anni e cento.

La musica

Al ‘presto’ della sezione precedente succede ora un ‘largo’ caratterizzato dal contrasto tra due elementi: da un lato una frase lenta e statica di minime, con frequente ripetizione della stessa nota o piccoli spostamenti, e dall’altro una specie di serpentina di semiminime che passa di voce in voce cambiando continuamente forma, fino ad una conclusione omofonica sull’elemento composto di valori lunghi.

Il testo


Come nei prati van saltellando gli armenti teneri,
Allor che pasconsi di fiori ed erbe;

La musica

Questo adagio, affidato ai due solisti, il tenore e il contralto, è una specie di ‘siciliana’, un brano in tempo di 12/8, dal ritmo puntato7 dall’andamento cullante, quasi di ‘barcarola. E’ una forma musicale usata soprattutto per brani di carattere pastorale, e infatti qui si parla proprio di ‘teneri armenti’. Il brano è composto secondo lo stile dell’’imitazione’: che “consiste nella riproduzione … di un motivo, o parte di esso, proposto in precedenza da un’altra parte”8. Il brano successivo segue senza soluzione di continuità.

Il testo


Tal questa voce forte e tremenda
Balzar fa i monti
Tanto che toccano le loro il cielo cime superbe

La musica

In netta contrapposizione col brano precedente, dopo la polifonia torniamo all’omofonia, dopo i solisti torniamo al coro, dopo l’Arcadia torniamo agli effetti drammatici che interrompono l’idillio pastorale precedente. Dopo i primi due versi del testo pronunciati all’unisono dalle tre voci corali, sulle parole “tanto che toccano” ogni singola voce, intervenendo l’una dopo l’altra, a canone, compie delle scalette ascendenti per aggiungere, appunto, il ‘cielo’ dei rispettivi registri vocali. Il testo già cantato viene poi ripetuto tornando allo stile omofonico e partendo da una nota più alta di un tono, Ma stavolta il coro canta degli accordi, non la stessa nota. Intanto però i bassi introducono delle dissonanze per far sentire la drammaticità della situazione. Riprende infine, con qualche variante nel finale, il canone dell’ascesa al cielo che abbiamo già sentito.

Il testo

In mille parti squarcia le fiamme de’ lampi e fulmini,
Ed altri nembi dal ciel disserra.
Indi per queste fiamme squarciate
S’apre la strada ond’ella scende
Tutta a commuovere la bassa terra.

La musica

Il dramma continua in questo ‘presto’ che comincia in modo polifonico e subito dopo ci fa sentire tutto il coro insieme sulle parole ‘de’ lampi e fulimini’. Segue subito dopo un brevissimo fugato caratterizzato da un insistito cromatismo fino a quando tutti si ritrovano insieme sulle parole “dal ciel disserra”. Ritorna la polifonia con un tema fatto di un arpeggio ascendente seguita da un arpeggio discendente sulle parole “ond’ella scende”.

Il testo

Questa tremenda voce possente
Scuote di Cades gl’orribilissimi ampi deserti

La musica

Di nuovo gli effetti drammatici vengono perseguiti da uno scandire omofonico delle parole del testo su note ripetute o che si alzano o abbassano di poco, mentre il movimento e i salti li abbiamo nell’accompagnamento strumentale. La polifonia in questo brano è completamente assente, se si esclude un piccolissimo vocalizzo dei contralti nel finale.

 

Il testo

E le cervette per lo timore
Fa che producano parti immaturi,
E cangia i boschi in campi aperti!

La musica

Ma ci siamo dimenticati dei poveri animali che saranno atterriti da tutto questo dramma meteorologico, tanto da produrre ‘parti immaturi’.. E infatti i solisti rivolgono un pensiero a loro, con discrezione, cantando piano, anch’essi nello stile rigorosamente omofonico che abbiamo sentito un momento fa. Il coro raccoglie l’invito dei solisti e completa il brano nello stesso stile.

Il testo

Or mentre ch’odesi
Tal voce tremano
I monti altissimi
E le de’ fulmini fiamme si squarciano,
E i boschi n’ardono e ‘l mondo s’empie
Tutto d’orrore.
Sen corra al tempio divoto il popolo
Per riconoscere qual nell’Altissimo
Possanza scoprasi
E implori supplice il suo benefico almo favore!

La musica

Lo stile non cambia ancora: in tempo lento (è un ‘largo’) il coro torna a usare l’omofonia (come nel penultimo brano) per produrre effetti drammatici, aiutandosi in questo con un intenso ricorso alle dissonanze e un rapido movimento di semicrome nel basso continuo. Dopo una lunghissima nota di 7/4 del coro sulla parole “orrore”, sottolineata dal movimento dell’accompagnamento strumentale, il clima cambia improvvisamente: tenori e contralti introducono una melodia gioiosa e danzante sulle parole “sen corra al tempio …”, cui si uniscono subito anche i bassi. Il cielo si è rasserenato. 
 

Il testo

Dunque si speri!

La musica

E con la declamazione delle otto battute di questo ‘adagio’, sempre in stile omofonico, dall’ottimo effetto retorico, il cambiamento di situazione viene solennemente sancito. Si può quindi passare all’allegro’ successivo.


Il testo

Dopo l’orribile nembo fiunesto
Scender vedrannosi acque feconde!

La musica

Il contralto ci presenta una melodia piacevole e spigliata, simile a quella con cui si era concluso il penultimo brano, di cui in un certo senso costituisce uno sviluppo. Viene dato anche abbastanza spazio al virtuosismo: sulla parola ‘feconde’ la solista può così mostrare quanto è brava a fare trilli e vocalizzi.


Il testo

E fia che sieda sopra il suo trono il grande Iddio eternamente
Qual augustissimo re che governi
La terra e l’onde eternamente!

La musica

Il brano comincia con un breve fugato del coro. Poi ecco la parola “eternamente” cantata per un’eternità (7 battute) dai tenori, mentre bassi e contralti tornano all’omofonia. L’ intreccio tra questi due elementi si ripropone subito dopo, con la parola ‘eternamente’ che passa prima ai contralti e poi ai bassi.

Il testo

Ei renderà la gente sua possente,
Colmeralla di pace
E la farà con immutabil tempre

La musica

Piccolo duetto tra i due solisti che inizia all’unisono e poi si sviluppa brevemente con il procedimento dell’imitazione. 
 

Il testo

Mai non turbarsi e viver lieta sempre!

La musica

E per finire, ecco una fuga vera e propria. Il ‘soggetto’ è basato su valori lunghi, ha un andamento discendente, per gradi congiunti e anche con un po’ di cromatismo. Su questo tema si canta la prima semifrase, mentre il controsoggetto (sulle parole “e viver lieta sempre”) ha un andamento più mosso (prevalenza di semiminime) e contiene più salti.

1 Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, Milano, 1976, p. 412.
2 Ibidem.
3 Cfr. L’introduzione del primo tomo degli spartiti dei Salmi a cura di Lino Biancxhi, Edizioni EDI-PAN, Roma, 1983.
4 Ibidem.
5 Cioè per intervalli di semitoni
6 Mentre il ‘soggetto’ è il tema principale della fuga, il ‘controsoggetto’ è il secondo tema che si intreccia col primo secondo precise e complesse regole.
7 Cioè con note puntate, che prolungano di metà la loro durata.
8 Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, p. 343.

15/01/1998 S.Prisca - Aventino

[file] 15 gennaio 1998 0.43 BUX-2 Piero

Guida all’ascolto
Concerto del coro da camera del CIMA
17 gennaio 1998, ore 21.00
S. Prisca - Aventino

Programma

Dietrich Buxtehude (1637-1707):

* Cantata “In dulci jubilo”

* “Cantate Domino”


Georg Philipp Telemann (1681-1767):
  • Am Feste der Verkndigung Mari: “Gott will Mensch und sterblich werden” – cantata per soprano e basso continuo

Johannes Brahms (1833-1897): tre pezzi per coro:
* Ach lieber Herre Jesu Christ
* Beherzigung
* Darthulas Grabsgesang

Johann Sebastian Bach (1685-1750)

* Cantata n. 158: “Der Friede sei mit dir”

* Mottetto “Jesu meine Freude“


* * *

Dietrich Buxtehude (1637-1707):

Cantata “In dulci jubilo”


Testo:
In dulci jubilo Jesu parvule,
nun singet und seid froh!
Nach dir ist mir so weh:
Unsers Herzens Wonne liegt in praesepio.
Troest mir mein Gemuete, o puer optime,
und leuchtet als die Sonne matris in gremio,
durch alle deine Guete, o princeps gloriae!
Alpha es et O, trahe me post te, trahe me post te!
O patris caritas, o nati leonitas!
Wir waeren alle verdorben per nostra crimina,
so hat er uns erworben coelorum gaudia.
Eia, waer’n wir da, eia waer’n wir da!
Ubi sunt gaudia? Nirgend mehr denn da,
da die Engel singen nova cantica
und die Schellen kòlingen in regis curia.
Eia, waer’n wir da, eia waer’n wir da!


Traduzione
O bambinello Gesù, in dolce giubilo
ora cantate e siate pieni di gioia!
Soffro tanto per te:
la gioia del nostro cuore giace nella mangiatoia.
Consola il mio animo, o ottimo fanciullo,
che risplendi come solo nel grembo della madre,
grazie a tutta la tua bontà, o principe di gloria!
Sei l’Alfa e l’Omega, portami con te!
O amore del padre, o leoninità del figlio!
Saremmo tutti perduti a causa dei nostri peccati,
ma egli ci ha procurato le gioie dei cieli.
Suvvia, fossimo là, fossimo là!
Dove sono le gioie? Sono proprio qui,
qui dove gli angeli cantano nuovi cantici,
e le campane suonano nel palazzo del re.
Suvvia, fossimo là, fossimo là!

Commento

Questa cantata di Buxtehude1, per tre voci corali (soprani, contralti e bassi), caratterizzata da un andamento piuttosto popolare, con un testo in parte latino e in parte tedesco (e le due lingue a volte si alternano nella stessa frase), ha un carattere piuttosto arcaico. Ciò si deve probabilmente anche al fatto che il testo è legato alla liturgia, e quindi alla tradizione. Tutto il brano è dominato da una melodia in tempo ternario, che si conclude con uno strano vocalizzo di semiminime, che rappresenta in un certo senso il segno caratteristico di questo brano. Secondo il musicologo André Pirro, questo “avvincente prolungamento melodico sull’ultima sillaba imita le cornamuse”2.
Gli interventi del coro (dall’andamento prevalentemente omofonico) si alternano ad intermezzi strumentali che ribadiscono, con varianti, la stessa fisionomia melodica. Anche gli interventi corali propongono diverse formulazioni di questa melodia, che però resta sempre riconoscibilissima, grazie soprattutto alla persistenza della stessa struttura ritmica. L’insieme della composizione appare quindi – per certi aspetti - come una specie di ‘tema con variazioni’. Ma questo è vero solo fino a un certo punto perché, benché il grado di variazione resti contenuto, sono anche le dimensioni del tema che non sono sempre le stesse. Si potrebbe dire, insomma, che abbiamo una specie di cellula fondamentale che, in modo molto libero, viene variamente modificata, arricchita e sviluppata.

Dietrich Buxtehude (1637-1707):

Cantate Domino

Motetto3 per due soprani, basso e organo

(Salmo 96, 1-4)

Testo:
Cantate Domino canticum novum
Cantate Domino omnis terra,
cantate Domino et benedicite nomini ejus
annuntiate die in diem salutare ejus,
annuntiate inter gentes gloriam ejus,
in omnibus populis mirabilia ejus,
quoniam magnus Dominus et laudabilis nimis.
Terribilis est super omnes deos.
Gloria Patri et Filio et Spiritui sancto
Sicut erat in principio et nunc et sempre
Et in saecula saeculorum, Amen.
Traduzione4
Cantate al Signore un cantico nuovo
Cantate al Signore, voi tutti della terra!
Cantate al Signore e benedite il suo nome,
proclamate ogni giorno la sua salvezza!
Narrate fra le genti la sua gloria,
fra tutti i popoli le sue meraviglie,
poiché grande è il Signore e degno di ogni lode;
terribile più di tutti gli dèi.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era in principio ed ora e sempre
E nei secoli dei secoli, Amen.

Commento

Questo motetto di Buxtehude5, per tre voci corali (2 soprani e basso) e per basso continuo si può dividere in cinque parti:
La prima è una specie di fugato delle tre voci soliste, che entrano in scena in successione. Comincia il soprano I, che esegue il tema principale; poi interviene il soprano II che ripete la stessa melodia una quinta più in basso, e infine il basso. Dopo l’elaborazione polifonica di questo materiale comincia una seconda parte della fuga in cui prima il soprano primo si contrappone alle altre due voci che entrano in scena contemporaneamente, mentre poi le tre voci si associano e si dividono in svariate combinazioni.
La seconda parte è un’aria del basso solista, preceduta da un’introduzione strumentale.
La terza parte è un’aria del soprano I che esegue una melodia diversa da quella del basso, ma in fondo dello stesso tipo, sulla stessa tonalità e sullo stesso ritmo. In pratica è la seconda parte della stessa aria. Verso la fine di questa sezione appare anche il soprano II in una breve frase omofonica sulle parole “in omnibus populis”. E dopo poche battute di vocalizzo a canone sulle parole “mirabilia ejus” questa parte si conclude per lasciare spazio alla nuova solista.
Ecco quindi l’aria solistica del soprano II. Anche questa è una variante delle melodie già ascoltate, ma presenta forse una maggiore varietà, un ritmo un po’ più mosso, qualche nota tenuta sul basso continuo che esegue la melodia.
Nella quinta e ultima parte, l’inizio del ‘Gloria’ si presente in forma omofonica, com’è tradizione, mentre subito dopo le voci si separano, si contrappongono, si mischiano nella fuga finale sulle parole ”et in saecula saeculorum, Amen”.







Georg Philipp Telemann (1681-1767):
Gott will Mensch und sterblich werden”
Cantata per la festa dell’Annunciazione
per 2 soprani, violino e basso continuo

Aria
Testo:
Gott will Mensch und sterblich werden
Dass der Mensch in seinem Wehe nicht vergehe;
welch ein Merkmal hoher Treu!
Fordre, fordre, kann’s dein Witz erreichen,
Dir ein Zeichen hier auf Erden,
Oder droben in der Hhe,
das so gross als dieses sei.

Traduzione
Dio vuole diventare uomo e mortale
Affinché l’uomo non si perda nel suo dolore,
come un segno di alta fedeltà!
Chiedi pure, il tuo ingegno può ottenerlo,
di avere un segno qui sulla Terra
oppure lassù, in alto,
che sia grande come questo.

Commento

Dopo un’introduzione strumentale che anticipa la vivace melodia (il tempo è ‘presto’) il soprano intreccia un piacevole duetto con il violino, che commenta la melodia della solista con una serie di virtuosismi, tra i quali spicca soprattutto un’insistente serie di semiscale ascendenti di semicrome. Questo procedimento si ferma improvvisamente su un accordo dissonante, seguito da una pausa. Poi il movimento riprende con le stesse caratteristiche della prima parte, per ribadire per l’ennesima volta la frase “welch ein Merkmal hoher Treu” (“come un segno di alta fedeltà”). Ricominciano le semiscale ascendenti del violino che per qualche battuta si trova da solo, quasi fosse lui un altro solista. Poi il canto riprende sulle parole “Fordre, kanns dein Witz …”). Poi c’è il ‘da capo’, cioè la ripetizione della prima parte.
Recitativo
Testo:
Nein, wenn ich gleich der Morgenrte Flgel nhme,
knnt ich mich gen Himmel schwingen
und wiederum von da bis in den tiefsten Raum des Abgrunds dringen,
so find ich berall doch nichts so wunderreich,
als dass der unerschaff’ne Gott,
Jehovah Zebaoth, zur Kreatur um uns, um uns geworden!
Ach ja, Immanuel tritt in den Menschen Orden
und machet sie von ihrer Sklaverei
in seinem Siege frei.
Die beiden wten den Tyrannen,
die uns in Furcht gebracht,
der wilde Tod und jener Frst der Nacht,
erheben sich, durch ihn besiegt, von danne.
Wohlan, ihr von dem Herrn so hochgeschtzte eelen,
verlasst die schwarzen Trauerhhlen,
vergngt Euch am Glanze dieser Freudensonne,
dies grosse Wunderwerk erfordet grosse Wonne!
Traduzione:
No, anche se io potessi subito
afferrare le ali dell’aurora
e potessi slanciarmi verso il cielo,
e di nuovo di lì lanciarmi
verso il più profondo spazio dell’abisso,
non troverei in nessun luogo
qualcosa di così meraviglioso
come il Dio infinito, Jehovah Sebaoth,
che per noi è diventato creatura!
Ma sì, Emanuele entra nell’ordine degli uomini,
e con la sua vittoria li rende liberi dalla schiavitù.
Ambedue i tremendi tiranni,
che ci hanno riempito di paura,
la morte terribile e il principe della notte,
si alzano, sconfitti da Lui.
Suvvia, voi anime che siete state così predilette dal Signore,
abbandonate le nere vesti di lutto,
e gioite allo splendore di questo amico solare.
Questo miracolo merita grande gioia!

Aria
Testo:
Immanuel ist da!
Thriumph, hallelua!
Er freuet euch, ihr Himmelsthronen sammt allen,
die auf Erden wohnen,
wir sind durch ihn denm Himmel wieder nah;
Immanuel ist da!
Was unsrer Seelen Angst erwecket,
hat Jesus in den Staub erstrecket,
auf welchen schon der Vter Hoffnung sah.
Triumph, Triumph, Triumph, Triumph, halleluja!

Traduzione
Emanuele è qui. Trionfo! Alleluja!
Egli vi renderà felici, voi, troni del cielo
Insieme a tutti coloro che abitano sulla Terra.
Grazie a Lui siamo di nuovo vicini al cielo;
Emanuele è qui!
Ciò che risveglia l’angoscia delle nostre anime,
Gesù lo ha soffocato nella polvere,
Gesù che già vedeva la speranza dei padri.
Trionfo, trionfo, trionfo, trionfo, alleluja!

Commento

Dopo il recitativo, che non presenta caratteristiche che lo distinguono dalla forma tradizionale, con quest’aria conclusiva riprende il duetto serrato tra soprano e violino che già avevamo ascoltato nel primo brano di questa cantata. Il violino presenta la nuova piacevole melodia, dall’andamento molto spigliato e mosso (l’indicazione di tempo è ‘vivace’). Subito dopo, ecco il tratto caratteristico di questo brano: invece delle semiscalette ascendenti della prima aria abbiamo qui lunghe serie di semicrome con ripetizione della nota iniziale di ogni quartina. Il soprano riprende poi la melodia già esposta dal violino, e, sulla parola ”Halleluja” ci ripropone l’elemento caratteristico delle semicrome con nota iniziale della quartina ribattuta. Questo materiale tematico viene ampiamente sviluppato e variato. C’è infine il ‘da capo’ con la ripetizione della parte iniziale.


Johannes Brahms (1833-1897):
Ach lieber Herre Jesu Christ

Testo:
Ach lieber Herre Jesu Christ,
weil du ein Kind gewesen bist,
so gib auch diesem Kindelein
dein Gnad un auch den Sewgen dein;
Ach Jesus, Herre mein,
beht dies Kindelein.
Dein’r Engel Schar, die wohn ihm bei,
es schlaf, es wach und wo es sei,
das heilig Kreuz beht es schon,
dass es besitz der Heil’gen Kron;
Ach Jesus, Herre mein,
beht dies Kindelein.
Nun schlaf, nun schlaf, mein Kindelein,
Jesus , der soll dein Wchter sein,
der woll, dass dir getrume wohl
und werdest aller Tugend voll.
Ein gute Nacht und guten Tag
Geb dir, der alle Ding vermag.
Hiemit sollst du gesegnet sein,
mein herzeliebes Kindelein.
Jesus, der Herre mein,
beht dies Kindelein.

Traduzione
Ah, caro Signore Gesù Cristo,
poiché sei stato bambino,
dà anche a questo bimbo
la tua grazia e la tua benedizione.
Oh, Gesù, mio Signore,
proteggi questo bambino.
Che la schiera dei tuoi angeli gli stia vicina,
sia che dorma, sia che vegli, e dovunque si trovi,
la santa croce lo protegga,
in modo che possieda la sacra corona.
Oh, Gesù, mio Signore,
proteggi questo bambino.
Dormi adesso, dormi, bimbo mio.
Gesù ti farà la guardia,
egli vuole che tu faccia bei sogni
e che diventi pieno di virtù.
Oh, Gesù, mio Signore,
proteggi questo bambino.
Una buona notte e una buona giornata
Ti dia colui che tutto può.
Così tu sia benedetto,
mio carissimo bambino.
Oh, Gesù, mio Signore,
proteggi questo bambino.

Commento

Questa ninna nanna (che è il n. 6 della raccolta dei ‘canti popolari tedeschi’, di Brahms) ha un andamento molto semplice. Un’identica melodia si ripete senza modificazioni per quattro volte, con una struttura rigorosamente omofonica: le quattro voci cantano sempre con lo stesso ritmo. La frase musicale è costituita prevalentemente da una successione di note per gradi congiunti, cioè con pochi salti. Il ritmo è regolarissimo: tutte note dello stesso valore. Tutto ciò conferisce all’insieme un’impressione di tranquillità, di intimità: quello che ci vuole, appunto, per rassicurare il bambino e facilitargli il sonno.

Johannes Brahms (1833-1897):
Beherzigung

Testo:
Feiger Gedanken,
bngliches Schwanken,
weibisches Zagen,
ngstliches Klagen,
wendet kein Elend,
macht dich nicht frei,
macht dich nicht frei.
Allen Gewalten
Zum Trutz sich erhalten,
nimmer sich beugen,
krftig sich zeigen,
rufet die Arme der Gtter herbei!

Traduzione
Il pensiero vile,
la paurosa esitazione,
l’indecisione da donnicciola,
l’angosciosa lamentela,
non rimuovono alcuna disgrazia,
non ti rendono libero,
non ti rendono libero.
Resistere caparbiamente
ad ogni violenza,
non piegarsi mai,
mostrarsi forti,
questo chiama il braccio degli dei,
questo chiama il braccio degli dei.

Commento

Questo brevissimo coro è stato composto da Brahms su un testo di sapore piuttosto romantico, o preromantico, di Goethe. Il tono eroico dei versi viene rappresentato musicalmente da una progressione6 di un frammento melodico di cinque note, che le voci del coro cantano come una specie di canone: prima le voci femminili, poi, a una sola battuta di distanza, quelle maschili. Nella seconda frase (“wendet kein Elend …”) l’andamento ascendente viene sostituito da uno discendente, che si conclude con la ripetizione della prima conclusione: “non ti rende libero”.
Nella seconda parte il ritmo ternario viene sostituito da uno binario. Stavolta sono le voci maschili a iniziare il canone, mentre la direzione ascendente e quella discendente si alternano. Le voci maschili e quelle femminili si contrastano ritmicamente. Nella frase finale (“rufet die Arme …”) le tre voci superiori precedono quella dei bassi su un andamento discendente, come a rimarcare il carattere conclusivo delle parole del testo.


Johannes Brahms (1833-1897):
Darthulas Grabsgesang, op. 42 n. 3


Testo:
Mdchen von Kola, du schlfst!
Um dich schweigen die blauen Strme Selmas!
Sie trauren um dich, um dich!
Sie trauren um dich, den letzten Zweig von Thruthils Stamm!
Wann erstehst du wieder in deine Schne?
Schnste der Schnen, in Erin!
Du schlfst im Grabe langen Schlaf,
dein Morgenrot ist ferne!
O nimmer kommt dir die Sonne,
weckend an deine Ruhesttte:
wach auf, wach auf, Darthula!
Frhling ist draussen!
Die Lfte suseln, auf grnen Hgeln,
holdseliges Mdchen, weben die Blumen!
Im Hain wallt spriessendes Laub!
Weiche, Sonne, dem Mdchen von Kola, sie schlft!
Nie ersteht sie wieder in ihrer Schne!
Nie wieder in ihrer Schne,
nie siehst du sie lieblich wandeln mehr, sie schlft!

Traduzione
Fanciulla di Kola, tu dormi!
Intorno a te tacciono gli azzurri fiumi di Selma!
Sono in lutto per te!
Sono in lutto per te, ultimo virgulto della stirpe di Thurthil.
Quando risorgerai nella tua bellezza?
Bella tra le belle, a Erin!
Tu dormi un lungo sonno nella tua tomba,
la tua aurora è lontana!
Oh, mai più il sole
verrà al tuo giaciglio, per svegliarti:
svegliati, svegliati, Darthula!
Fuori è primavera!
Le brezze sussurrano sulle verdi colline,
o incantevole fanciulla, e agitano i fiori!
Nel boschetto ondeggiano le fronde germoglianti!
Allontanati, o sole, dalla fanciulla di Kola, lei dorme!
Mai più risorgerà nella sua bellezza!
Mai più la vedrai passeggiare amabilmente, nella sua bellezza, essa dorme!

Commento

Questo coro romanticissimo sia per il testo sia per l’aspetto musicale si basa su una poesia di Herder relativa al leggendario bardo scozzese Ossian7. Il brano è per sei voci: soprani, contralti primi, contralti secondi, tenori, bassi primi e bassi secondi.
Il pezzo si divide in tre parti. Nella prima i contralti propongono una semplice e brevissima melodia in re minore a cui le voci maschili rispondono modificandola ed ampliandola. Il tema è di tono abbastanza lugubre e richiama alla mente l’atmosfera del primo Romanticismo tedesco (atmosfera che non era proprio quella in cui si muoveva Brahms, ma che il compositore amburghese era capacissimo di ricreare). Questo gioco di proposta – risposta continua per qualche battuta fino a che entrano in gioco anche i soprani, finora rimasti silenziosi. Essi intervengono alla frase “Quando risorgerai nella tua bellezza?” (“Wann erstehst du wieder in deiner Schne?”). Poco dopo il procedimento di botta e risposta cede il passo a qualche battuta in cui tutto il coro si ritrova insieme sulle parole “mai più il sole verrà al tuo giaciglio, per svegliarti” (“O nimmer kommt die Sonne weckend an deine Ruhesttte”).
La seconda parte è in altra tonalità, sol maggiore, e naturalmente ha un carattere più ottimistico, perché qui si cerca di indurre la defunta a svegliarsi. Nuovi elementi ritmici (tra cui le ripetute terzine) rendono evidente questa nuova atmosfera. Ma la speranza si esprime con una certa timidezza, come per non disturbare. L’ottimismo è quindi in parte contraddetto dalle indicazioni dinamiche (“mezza voce”, “pianissimo”). Verso la fine di questa parte abbiamo un crescendo sulle parole “wach auf!” (“svegliati!”), ma l’illusione dura poco. Darthula non si sveglia.
Si passa così alla terza parte, che, simmetricamente, ci riporta alla tonalità e all’atmosfera della prima. Stavolta il dialogo è proposto dai bassi ai quali rispondono tenori, contralti e soprani. Rispetto alla prima parte abbiamo diversi cambiamenti per quanto riguarda le combinazioni delle diverse voci del coro, e, in parte, anche per quanto riguarda la melodia. Si prende atto che il tentativo di svegliare la fanciulla è fallito, e tutte le voci, ora separatemente, ora unite, constatano che “lei dorme!”

* * *

Johann Sebastian Bach (1685-1750)

Cantata n. 158 “Der Friede sei mit dir”


All’epoca di Bach la cantata sacra era una composizione che non si distingueva nettamente da altre forme di pezzo musicale vocale di tipo religioso. Sia le cantate sia i mottetti erano brani musicali su testi in parte tradizionali e in parte preparati per l’occasione liturgica cui erano destinate. “In questa cerimonia sacra, che durava a volte dalle tre alle quattro ore, la cantata occupava, insieme col sermone, un posto centrale – al contrario del mottetto che serviva piuttosto da introduzione musicale. Insieme al sermone, la cantata doveva contribuire all’edificazione morale dei fedeli aprendo loro la comprensione emozionale del Vangelo.”8
La cantata n. 158 ha per tema la morte, considerata non come un male da temere, ma come momento della liberazione dell’anima e dell’accesso alla pace eterna, grazie al sacrificio di Cristo, l’Agnello pasquale. Da notare il carattere drammatico e arditamente barocco del testo, caratterizzato da metafore ardite e anche crude.

1. Recitativo

Testo:
Der Friede sei mit dir,
du ngstliches Gewissen!
Dein Mittler stehet hier,
der hat dein Schuldenbuch
und des Gesetzes Fluch
verglichen und zerrissen.
Der Friede sei mit dir!
Der Frste dieser Wet,
deri deiner Seele nachgestellt,
ist durch des Lammes Blut,
bezwungen und gefllt.
Mein Herz, was bist du so betrbt,
da dich doch Gott durch Christum liebt?
Er selber spricht zu mir:
der Friede sei mit dir!”

Traduzione
La pace sia con te,
o coscienza turbata!
E’ vicino il tuo mediatore
Che ha saldato e strappato il libro dei tuoi debiti
E la sentenza della legge.
La pace sia con te!
Il principe di questo mondo,
che perseguita la tua anima
è stato sconfitto e annientato dal sangue dell’agnello.
O mio cuore, perché sei così triste,
se Dio, mediante Cristo, ti ama?
Egli stesso mi dice:
La pace sia con te!”

Commento

Questo recitativo iniziale ha quasi il ruolo di ‘titolo’. Il testo comincia infatti con il titolo dell’insieme della cantata, e queste stesse parole vengono ripetute cinque volte alla fine. Proprio quando il solista enuncia questa frase (“Der Friede sei mit dir” – “La pace sia con te”) l’accompagnamento del basso continuo è più presente, con scale ascendenti e discendenti di crome, mentre la linea della parte del solista è più melodica, anche grazie ad una maggiore presenza di semicrome. In altri termini, quando è presente questo testo, allo scopo di renderlo più evidente Bach mette più melodia nella parte vocale e rende più consistente la parte strumentale. In questo modo il brano diventa – in quei punti - quasi un piccolo ‘arioso’9. Per il resto, invece, la caratteristica musicale del brano è quella tradizionale dei recitativi e risponde solo all’esigenza di sottolineare in modo retorico il senso del testo.

2. Aria con corale

Testo del recitativo:
Welt, ade! Ich bin dein mde,
Salem’s Htten steh’n mir an,
wo ich Gott in Ruh’ und Friede
ewig selig schauen kann.
Da bleib’ ich, da hab’ ich Vergngen zu wohnen,
Da prang’ ich gezieret mit himmlischen Kronen.

Testo del corale:
Welt ade! Ich bin dein mde,
ich will nach dem Himmel zu;
da wird sein der rechte Friede
und die ez’ge Seelenruh.
Welt bei dir ist Krieg und Streit, nichtes denn lauter Eitelkeit,
in dem Himmel allerzeit Friede, Ruh und Seligkeit.

Traduzione del recitativo
Mondo, addio, sono stanco di te,
le capanne di Salem sono di fronte a me,
dove io potrò, in tranquillità e in pace
contemplare Dio in eterna beatitudine.
Là resto, là devo abitare felice,
là potrò risplendere adorno di corone celesti.

Traduzione del corale
Mondo, addio, sono stanco di te,
voglio andare verso il cielo,
dove è la vera pace e l’eterna calma dell’anima.
O mondo, presso di te c’è guerra e contesa, null’altro che vanità,
mentre in cielo c’è sempre Pace, tranquillità e beatitudine.

Commento:
Bach ricorre spesso, sia nelle Cantate, che nelle Passioni, come pure nei Mottetti, all’elaborazione di un corale in diversi modi, anche mescolandolo con altre forme musicali. In questo brano, che secondo Marion Bless10 rappresenta il cuore della composizione ed è uno dei capolavori di Bach, abbiamo quattro elementi. Andando dal basso verso l’alto, questi elementi sono:
  1. il basso continuo (organo e violoncello), sempre presente, con le sue crome che camminano inesorabili;
  2. il basso solista che canta la sua aria, che – almeno apparentemente – non ha nulla a che vedere con il corale;
  3. la melodia del corale, che – a intervalli di diverse battute – si sovrappone e si intreccia al canto del solista.
  4. la melodia del violino.
L’ascoltatore deve perciò cercare di seguire contemporaneamente questi quattro elementi. Quello del basso continuo è quello che – pur essendo fondamentale – richiede minore attenzione, perché serve da sfondo e da base armonica. Gli altri tre sono ugualmente importanti.
All’inizio abbiamo il violino solista che espone (sullo sfondo del basso continuo) una lunga e complessa melodia, piena di semicrome e biscrome, di scalette ascendenti e discendenti, di salite e discese a zig – zag, di frasi ad andamento cromatico (cioè per semitoni) che ne fanno qualcosa di estremamente ricco e rigoglioso. Dopo 12 battute interviene il basso solista che riprende inizialmente la melodia del violino, ma poi la sviluppa in modo diverso, con molto minore ricorso a valori piccolissimi come semicrome e biscrome. Intanto il violino, dopo meno di una battuta di riposo riprende i suoi fantasiosi commenti come a compensare il carattere meno lussureggiante della parte del basso.
Otto battute dopo l’ingresso del basso, ecco il quarto elemento che mancava: la melodia del corale, cantato dai soprani del coro.
Questa struttura si sviluppa con diverse varianti. Il coro dei soprani divide il suo corale in tante frasi di due-tre battute l’una. In questo modo la densità della struttura musicale varia di continuo: a volta tutti e quattro gli elementi sono presenti, a volte non c’è il corale e allora sono tre; in altri momenti tace anche il basso solista e restano solo il violino e il basso continuo; e non mancano alcuni momenti in cui abbiamo solo il violino solista, che alla conclusione riprende ruolo di protagonista che aveva all’inizio e conclude il brano con ulteriori varianti della melodia iniziale, accompagnato in modo discreto e anche un po’ intermittente dal basso continuo.




3. Recitativo e arioso

Testo: recitativo
Nun, Herr, regiere meinen Sinn,
damit ich auf der Welt,
so lang’ es dir mich hier
zu lassen noch gefllt,
ein Kind des Friedens bin,
und lass mich zu dir aus meinen Leiden
wie Simeon in Frieden scheiden.
Arioso:
Da bleib’ ich, da hab’ ich Vergngen zu wohnen,
da prang’ ich gezieret mit himmlischen Kronen

Traduzione: recitativo
Ora, Signore, governa la mia mente,
in modo che in questo mondo,
fintanto che ti piaccia lasciarmi ancora qui,
possa essere un figlio della pace,
e lascia che io possa un giorno separarmi dai miei dolori
in pace, come Simeone.
Arioso:
Là resto, là devo abitare felice,
là potrò risplendere adorno di corone celesti.

Commento

La distinzione che si era notata nel n. 1 tra recitativo propriamente detto e frasi del titolo cantate un po’ come arioso, qui è una distinzione esplicita tra due parti nettamente distinte del brano. Quando il testo si fa più positivo, quando smette di parlare di ciò che non vuole, cioè del mondo che l’anima pia vuole lasciare, e comincia a parlare di ciò che vuole, cioè del mondo ultraterreno che vuole raggiungere, il basso continuo si fa più mosso e si passa all’arioso. Come a voler dire che per descrivere la felicità eterna ci vuole la melodia, non basta la declamazione del recitativo.

5. Corale

Testo:
Hier ist das rechte Osterlamm,
davon hat Gott geboten,
das ist hoch an des Kreuzes Stamm
in heisser Lieb’ gebraten.
Das Blut zeichnet uns’re Tr’
Das hlt der Glaub’ dem Tode fr,
der Wrger kann uns nicht rhren.
Halleluja!

Traduzione
Ecco il vero agnello pasquale,
promesso dal Signore,
che alto sull’albero della croce,
è stato arrostito in amore ardente,
il suo sangue segna le nostre porte
e oppone la fede alla morte,
in modo che il nemico non possa più toccarci.
Alleluia!

Commento

Il corale conclusivo rientra perfettamente negli schemi di questo genere musicale che risale a Martin Lutero e che da Bach è stato portato ad un estremo livello di perfezionamento formale. Come avviene nella maggior parte dei casi, il corale si divide in due parti: la prima melodia viene ripetuta con testi diversi, mentre la seconda, un po’ più estesa, viene eseguita una volta sola. Da notare il carattere fortemente barocco del testo: giacché si parla di agnello pasquale, non si esita a dire che Gesù è stato ‘arrostito’ nell’ardore dell’amore. Ma pur parlando della croce, la conclusione è ovviamente ottimista, perché il sacrificio serve a salvare l’umanità. E per questo la parola finale è ‘Alleluja’.

* * *

Johann Sebastian Bach (1685-1750)

Mottetto “Jesu, meine Freude”, BWV 227


Jesu, meine Freude” è il terzo dell’unica serie di sei mottetti11 che ci sono rimasti tra le numerose opere scritte da Bach appartenenti a questo genere. Bach scriveva i mottetti in occasione delle prediche tenute nella chiesa di S. Nikolaus, a Lipsia. Secondo quanto dice Philippe Herreweghe nell’opuscoletto introduttivo al compact disc contenente i Mottetti di Bach da lui stesso diretti, “i mottetti di J. S. Bach sono tra le opere più compiute e costituiscono un vertice assoluto della polifonia occidentale; ci si può quindi domandare perché queste pagine restino così poco conosciute” E la risposta che si dà è che la cosa si spiega da un lato perché “semplicemente il pubblico ha raramente l’occasione di ascoltarli in concerto” e poi perché “l’approccio con cui vengono affrontati li rende opachi, indigesti”.
Il mottetto “Jesu meine Freude” che eseguiremo è il più lungo ed il più complesso di questa serie di sei mottetti.
Albert Schweitzer12, nella sua monografia su Bach lo definisce ”una vera opera d’arte anche dal punto di vista letterario, e aggiunge: “La musica è degna del testo, che essa accompagna ora traducendolo ora interpretandone il pensiero. Sembra quasi che prima d’ora ogni strofa ed ogni versetto biblico abbiano tenuto nascosto in sé una meravigliosa vita potenziale ed inespressa che si rivela finalmente in tutta la sua bellezza solo attraverso le armonie di Bach”.
Il testo che Schweitzer apprezza così calorosamente è composto da estratti di un cantico di Johann Franck (per quanto riguarda i numeri dispari: 1, 3, 5, 7, 9, 11) e di un’epistola di S. Paolo ai Romani per quanto riguarda i numeri pari (2, 4, 6, 8, 10): abbiamo così due cicli che si intercalano. Scrive in proposito Herreweghe: “I due cicli hanno una tematica differente e complementare. Il primo rappresenta l’addio del corpo alla terra, il secondo esorta l’anima ad involarsi verso il suo Dio. Ed è così che noi troviamo, al centro di tutta l’opera, il testo: “Ma voi non siate carnali, bensì spirituali” che ne riassume tutto il pensiero.




1. Corale: Jesu, meine Freude

Testo:
Jesu, meine Freude, meines Herzens Weide, Jesu, meine Zier,
ach wie lang, ach lange ist dem Herzen bange, und verlangt nach dir!
Gottes Lamm, mein Brutigam, ausser dir soll mir auf Erden nichts sonst Liebers werden.

Traduzione
Gesù, mia gioia, pascolo del mio cuore, Gesù, mio ornamento,
da quanto tempo il mio cuore è in angoscia e anela a te!
Agnello di Dio, mio sposo, al di fuori di te nulla sulla Terra deve essermi più caro.

Commento

Il corale che dà il titolo a tutto il mottetto è uno dei più conosciuti di Bach ed ha una forma del tutto corrispondente al modello di questo genere: la melodia è affidata ai soprani; la linea melodica viene leggermente movimentata mediante un moderato ricorso a crome nelle diverse parti, ma meno in quella dei soprani. Il tema apparirà poi in diverse trasformazioni nel resto del mottetto (particolarmente nei numeri dispari).

2. Poco adagio: “Es ist nun nichts”

Testo:
Es ist nun nichts Verdammliches an denen, die in Christo Jesu sind, die nicht nach dem Fleische wandeln, sondern nach dem Geist (Romani, 8, 1)

Traduzione
Nessuna condanna vi è dunque ora per coloro che sono in Gesù Cristo, che si muovono non secondo la carne, ma secondo lo spirito. (Romani, 8, 1) 13

Commento

In contrasto con la tranquillità del corale, abbiamo ora qualche effetto drammatico. La parola “nichts” (“nulla”) viene pronunciata ora forte, ora piano, e messa in evidenza da opportune pause. Poi, sulle parole “die nicht nach dem Fleische wandeln” – “coloro che si muovono non secondo la carne”, c’è un breve fugato, caratterizzato dall’insistito ricorso alle sincopi. Alla fine di questo episodio ritorna il gioco di ‘piano’ e ‘forte’ sulla parola ‘nichts’. Subito dopo ecco un nuovo fugato sulle parole iniziali del brano e poi una ripresa del fugato precedente che conclude il brano.

3. Corale: “Unter deinen Schirmen”

Testo:
Unter deinen Schirmen bin ich vor den Strmen aller Feinde frei.
Lass den Satan wittern, lass den Feind erbittern, mir steht Jesus bei.
Ob es itzt gleich kracht und blitzt, ob gleich Snd und Hlle schrecken: Jesus will mich decken.

Traduzione
Sotto il tuo ombrello sono al riparo dalle tempeste scatenate da tutti i nemici,
Lascia che Satana si agiti, lascia che il nemico si amareggi, Gesù mi assiste!
Anche se ora tuona e lampeggia, anche se il peccato e l’inferno spargono il terrore: Gesù mi proteggerà.

Commento

Il corale iniziale viene riproposto in forma perfettamente identica nella parte dei soprani, mentre le parti delle altre voci presentano delle varianti soprattutto ritmiche.

4. Andante: “Denn das Gesetz”

Testo:
Denn das Gesetz des Geistes, der da lebendig machet in Christo Jesu, hat mich frei gemacht von dem Gesetz der Snde und des Todes. (Romani, 8, 2)

Traduzione
Perché la legge dello spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte. (Romani, 8, 2)

Commento

Ecco una specie di intermezzo affidato ad una parte solo delle voci coinvolte: un trio di soprani primi, soprani secondi e contralti, di notevole complessità polifonica, mentre più avanti, al n. 8, avremo le voci più basse del coro: bassi, tenori e contralti. E’ evidente anche qui la geometrica ricerca di simmetria: il n. 4 e il n. 8 sono le due mezze ali pari, mentre al centro dei numeri pari c’è la fuga.
Le due voci più alte hanno un andamento quasi parallelo, mentre i contralti si distinguono maggiormente e fanno un po’ da ‘bassi’.

5. L’istesso tempo: “Trotz den alten Drachen”

Testo:
Trotz dem alten Drachen, trotz des Todes Rachen, Trotz der Furcht dazu!
Tobe, Welt, und springe, ich steh hier und singe in gar sichrer Ruh
Gottes Macht hlt mich in Acht; Erd und Abgrund muss verstummen, ob sie noch so brummen.

Traduzione
Nonostante il vecchio dragone, nonostante la vendetta della morte, nonostante la paura per queste cose!
Scatenati, mondo, e scoppia, io resto qui e canto in sicura tranquillità.
La potenza di Dio mi protegge, la terra e l’abisso debbono ammutolire, anche se continuano a rombare..

Commento

Si tratta in sostanza di una variazione del tema del corale, ma la melodia originaria è difficilmente riconoscibile. E’ un brano fondamentalmente drammatico, come si può vedere dall’inizio, che consiste in un accordo dissonante sulla parola piena di consonanti Trotz, che peraltro ha già di per sé un significato’ dissonante’: ‘nonostante’. Le pause, la riproposizione di secchi gridi su questa stessa parola Trotz, i vocalizzi nervosi e veloci confermano questa caratteristica del brano, che è di grande efficacia. Alla fine del brano, senza soluzione di continuità si passa alla successiva fuga.

6. Allegro non tanto (Fuga): “Ihr aber seid nicht fleischlich”

Testo:
Ihr aber seid nicht fleischlich, sondern geistlich, so anders Gottes Geist in euch wohnet. Wer aber Christi Geist nicht hat, der ist nicht sein. (Romani, 8, 9)

Traduzione
Ma voi non siete nella carne ma nello spirito, se veramente lo spirito di Dio abita in voi. Se uno non ha lo spirito di Cristo, costui non appartiene a lui. (Romani, 8, 9)

Commento

Secondo Herreweghe14 questa fuga riassume tutto il pensiero del testo del mottetto, e proprio per questo “gli ha dato la forma di una fuga, simbolo del materiale nel suo scrigno immateriale”. Il tema della fuga consiste di una serie di crome seguite da un vocalizzo di semicrome. Le diverse voci entrano a due battute di distanza l’una dall’altra. Alla fine, dopo una pausa, il tempo cambia, da ‘allegro’ diventa andante e senza soluzione di continuità apre la strada ad una seconda parte di questo brano, dal carattere omofonico, di grande efficacia.

7. Corale: “Weg mit allen Schtzen”

Testo:
Weg mit allen Schtzen! Du bist mein Ergtzen, Jesu meine Lust!
Weg ihr etlen Ehren, ich mag euch nicht hren, bleibt mir unbewusst!
Elend , Not, Kreuz, Schmach und Tod soll mich, ob ich viel muss leiden, nicht von Jesu scheiden.

Traduzione
Via tutti i tesori! Tu sei il mio diletto, Gesù, tu sei la mia gioia.
Via, vani onori, non vi voglio sentire, restatemi sconosciuti!
Né la miseria, né il bisogno, né la croce, l’umiliazione o la morte, per
quanto debba soffrire, mi separeranno da Gesù.

Commento

Di nuovo un brano drammatico, paragonabile in questo senso al n. 5: due brani ‘concitati’ contornano così il centro di tutta la composizione, cioè il n. 6, la fuga. Anche questa è una variazione del corale iniziale. I soprani cantano, senza modifiche, la melodia originaria che invece le altre voci, con i loro insistenti esclamazione esorcizzanti (Weg. (Weg!) (via, via!) cercano di coprire.


8. Andante: “So aber Christus in Euch ist”

Testo:
So aber Christus in euch ist, so ist der Leib zwar tot um der Snde willen; der Geist aber ist das Leben um der Gerechtigkeit willen. (Romani, 8, 10)

Traduzione
Se poi Cristo è in voi, il corpo, certo, è morto a cagione del peccato; ma lo spirito è vita a cagione della giustizia (Romani, 8, 10)

Commento

Nell’alternanza dei generi, siamo qui arrivati alla ‘siciliana’15. Il brano è per le tre voci più basse del coro (bassi, tenori, contralti) così come il n. 4 era per le tre voci più alte. La ‘siciliana’ assomiglia un po’ alla ‘barcarola’: ambedue hanno un andamento cullante e rassicurante, probabilmente da mettere in relazione al testo, che assicura il fedele sulla eternità dello spirito. La prima parte è tutta basata su crome, e quindi la struttura dei 12/8 della battuta è molto evidente. Nella seconda parte invece la forma della siciliana è parzialmente alterata dalla prevalenza dei vocalizzi di semicrome.



9. Corale (per soprani I, soprani II, contralti e tenori)
Allegretto: “Gute Nacht, o Wesen”

Testo:
Gute Nacht, o Wesen, das die Welt erlesen, mir gefllst du nicht!
Gute Nacht, ihr Snden, bleibt weit dahinten, kommt nicht mehr ans Licht!
Gute Nacht, du Stolz und Pracht! Dir sei ganz, du Lasterleben, guteNacht gegeben.

Traduzione
Buona notte, o essere che hai scelto il mondo, tu non mi piaci!
Buona notte, o peccati, rimanete lontani, non venite più alla luce!
Buona notte, o superbia, o lusso! A te, vita di depravazione, sia data la buona notte.

Commento

E’ un brano molto strano, e ambiguo. Per la presenza ripetuta di parole come “gute Nacht” (buona notte”), sembrerebbe una specie di ninna nanna. Ma in realtà non c’è l’atto dell’addormentare con affetto un bambino piccolo. Il termine ‘buona notte’ è sarcastico. Con esso si ripudia il male. Insomma la notte viene chiamata ‘buona’ solo ironicamente. Tuttavia la trattazione musicale del brano guarda alla superficie e non a ciò che c’è sotto. Bach sembra ignorare il contenuto esorcizzante e prendere sul serio l’apparenza di ninna-nanna (a meno che sotto ci sia qualcosa di più sottile, e cioè che abbia voluto completare l’ironia del testo con una parallela ironia dello stile musicale).

10. Poco adagio: “So nun der Geist”

Testo:
So nun der Geist des, der Jesum von den Toten auferwecket hat, in euch wohnet, so wird auch derselbige, der Christum von den Toten auferwecket hat, eure sterbliche Leiber lebendig machen, um des willen, dass sein Geist in euch wohnet (Romani, 8, 11)

Traduzione
E se lo spirito di colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo darà vita anche ai vostri corpi mortali, per mezzo del suo spirito che abita in voi. (Romani, 8, 11)

Commento

Si tratta di una variante abbreviata del n. 2. Le prime 8 battute sono musicalmente identiche. Poi, nello sviluppo di questo materiale tematico, abbiamo delle varianti, anche se la fisionomia generale resta quella. Si ha anche, a partire dalla battuta 18, una breve fuga simile a quella del n. 2, con le stesse caratteristiche sincopi. Proprio sul finale abbiamo una piccola concessione alla spettacolarità con uno svolazzo di crome dei soprani che prepara la cadenza conclusiva.

11. Corale: “Weicht, ihr Trauergeister”

Testo:
Weicht, ihr Trauergeister, denn mein Freudenmeister, Jesus, tritt herein.
Denen, die Gott lieben, muss auch ihr Betrben lauter Zucker sein.
Duld ich schon hier Spott und Hohn, dennoch bleibst du auch im Leide, Jesu, meine Freude.


Traduzione
Allontanatevi, o spiriti tristi, poiché sta entrando Gesù, il mio maestro di gioia.
Per coloro che amano Dio anche l’afflizione dev’essere dolce come lo zucchero.
Se già ora sopporto scherno e derisione, tuttavia anche nella sofferenza, o Gesù, tu resti la mia gioia.

Commento

Il corale conclusivo si differenzia da quello iniziale solo per le parole, mentre la musica è identica.
1 Dietrich Buxtehude, un compositore tedesco del nord, di origini danesi o svedesi (di qui lo strano cognome) è vissuto dal 1637 al 1707. Lavorò soprattutto a Lubecca. Famoso soprattutto come organista, ha composto anche molta musica vocale. Bach lo ammirò moltissimo e andò appositamente a Lubecca per ascoltarlo. In un certo senso può essere considerato il precedente settentrionale di Bach, mentre Pachelbel è il suo precedente meridionale (parliamo qui del sud della Germania).
2 Cfr. Paul Steinitz, La musica sacra tedesca, in Storia della musica (The New Oxford History of Music), Feltrinelli, Milano, 1978, vol. V, p. 793.
3 Per ‘mottetto’ o ‘motetto’ si intende una composizione corale a cappella (cioè senza orchestra) di soggetto sacro, la cui nascita si colloca all’inizio del XIII secolo.
4 Utilizzo qui la traduzione del salmo 96, contenuta nella Bibbia Concordata, Mondadori, Milano, 1982 (vol. II, p. 124)
5 Dietrich Buxtehude, un compositore tedesco del nord, di origini danesi o svedesi (di qui lo strano cognome) è vissuto dal 1637 al 1707. Lavorò soprattutto a Lubecca. Famoso soprattutto come organista, ha composto anche molta musica vocale. Bach lo ammirò moltissimo e andò appositamente a Lubecca per ascoltarlo. In un certo senso può essere considerato il precedente settentrionale di Bach, mentre Pachelbel è il suo precedente meridionale (parliamo qui del sud della Germania).
6 Per ‘progressione’ si intende la ripetizione di un frammento melodico su gradi diversi della scala, in direzione ascendente (come in questo caso) o discendente.
7 Come è noto, il personaggio di Ossian è stato materia di un vero e proprio falso letterario: il poeta scozzese J. Macpherson affermò di aver trovato le sue poesie, mentre queste erano state composte da lui stesso. Herder, che fu tra i principali cultori della poesia popolare alla fine del Settecento, era naturalmente interessato a queste cose, e fu autore anche di un epistolario su questo poersonaggio.
8 Cfr. Marion Bless, opuscoletto illustrativo dell’edizione discografica diretta da Jrgen Jrgens (“Das alte Werk,” –
Teldec – 4509-936872).
9 Cioè un brano dalle caratteristiche intermedie tra quelle del recitativo e quelle dell’’aria’.
10 Ibidem.
11 Dopo aver ascoltato un motetto di Buxtehude sentiamo un altro esemplare di questo genere, composto dall’autore che ha avuto il ruolo più importante nel trattare questo tipo di composizione. Bach ha un posto importante nella storia di questo genere, che egli “tratta con la massima libertà testuale, musicale e ritmica” (“Nuovo dizionario Ricordi della musica e dei musicisti”, Milano, 1976, p. 452). Schweitzer (G. S. Bach, Il musicista-poeta, Edizioni Suvini Zerboni, 1905) dice che i motetti “non sono altro che cantate senza ‘a soli’”. Lo stesso medico e musicologo (premio Nobel per la pace) sostiene che “anche in questo caso non si può perciò parlare di opere vocali pure”, mentre per ‘a cappella’ in quell’epoca “s’intende designare un coro sostenuto dall’organo, od anche e più spesso una musica in cui le voci sono rinforzate dagli strumenti.”
12 Op. cit. pp. 274-275.
13 Per i brani tratti dall’Epistola ai Romani di S. Paolo, riporto la traduzione della Bibbia concordata (Milano, Mondadori, 1982, vo. III, pp. 389-390).
14 Opuscoletto illustrativo all’edizione discografica da lui stessa diretta (Harmonia mundi 901231).
15 Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, pp. 608-609: “Antica danza d’origine italiana, in 6/8 o in 12/8, di andamento moderato e carattere pastorale. Spesso indicata col termine alla siciliana, fu adottata sia nella musica strumentale (sonata e suite) sia nella vocale, particolarmente nel XVII secolo.”