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lunedì 30 gennaio 2012
[settimana per la cultura 2000 ] http://www.passione.in.angelica.it
L'allestimento ridefinisce lo spazio del salone monumentale della Biblioteca. Dal video si verifica come il pubblico viene coinvolto nella disposizione del palcoscenico come testo a fronte dello stupendo Coro del CIMA di Sabine Mielke Cassola e Sergio Seminovich, di Piero Leone, di Francesca Cerocchi.
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martedì 24 gennaio 2012
[file] 7 febbraio 1998 BENEDETTO MARCELLO
[file] 7 febbraio 1998 ore 20.17 Piero file Microfost Word 07
GUIDA ALL’ASCOLTO
Come nei prati van saltellando gli armenti teneri,
GUIDA ALL’ASCOLTO
Del concerto del CIMA
del 19 febbraio 1998
Programma:
- Benedetto Marcello (16861739):
*
Salmo I “Beato l’uom che dietro a’ rei consigli
*
Salmo III “O Dio, perché cotanto è mai cresciuto”
*
Salmo VIII “Oh di che lode, di che stupore”
*
Salmo XV “….
*
Salmo XXVIII “O prole nobile”
Benedetto
Marcello è uno dei massimi compositori della scuola veneziana
della prima metà del Settecento. Di poco più giovane di
Vivaldi, muore prima di lui. E’ anche fratello di Alessandro,
l’autore del concerto per oboe di cui fa parte il famoso adagio
utilizzato in Anonimo
veneziano. Tuttavia alcuni
attribuiscono quella composizione proprio a Benedetto.
Il
nostro autore faceva parte di quella schiera “di nobili
veneziani che,, pur non praticando la musica come professione, vi si
applicarono con intensità e genialità1.
Scrisse tra l’altro Il
Teatro alla Moda, “una
feroce satira del mondo melodrammatico contemporaneo … che
gettò il discredito su tutta la produzione teatrale italiana
del sec. XVIII”2.
L’opera
più importante del nostro autore è proprio l’Estro
poetico armonico, e cioè
questi Salmi. Il
titolo è un polemico riferimento all’opera strumentale
dell’altro grande musicista veneziano dell’epoca, cioè
Vivaldi, autore dell’Estro
armonico pubblicato 12 anni
prima, nel 1712.
Quest’opera di Marcello è una composizione musicale di
carattere piuttosto particolare: le composizioni che contiene non
sono oratori, non sono cantate, non sono composizioni liturgiche. Si
tratta di parafrasi, abbastanza libere, che spesso si discostano dal
testo biblico, dei Salmi, composte da un altro patrizio veneziano
amico di Marcello, Giustiniani, in italiano e non in latino, quindi
con una certa intenzione di avvicinarli alla gente comune.
Alcuni
ecclesiastici e cardinali romani proposero a Benedetto Marcello
questa operazione che culminò “in un ciclo di
trattenimenti
dall’8 luglio al 23 settembre, dal cardinale Pietro Ottoboni,
nel Palazzo della Cancelleria, nell’anno stesso, 1739, e nei
giorni in cui l’autore a Brescia si sarebbe spento”3
L’iniziativa
culturale e religiosa dei cardinali romani aveva uno scopo di
edificazione religiosa del popolo, e infatti nella prefazione
all’edizione originale si parla di “significare gl’impeti
spaventevoli della divina giustizia” e “la devota pietà
del cuore che parla con Dio.”4
Lo
stile di queste composizioni è piuttosto lontana da quello
della contemporanea musica sacra tedesca, ma anche italiana, e invece
presenta andamenti melodici tipici di un’epoca successiva,
della fine del Settecento, se non addirittura dell’Ottocento. I
singoli salmi assumono una veste musicale molto variegata, con
differenti organici: le voci possono essere 1, o 2, o 3 o 4, e sono
sostenute da un accompagnamento piuttosto ridotto: organo o
clavicembalo, violoncelli o 2 violini. Ognuna delle composizioni
viene suddivisa in sezioni molto brevi, con continui cambiamenti di
stile, di tempo, di carattere.
Benedetto
Marcello:
Salmo
primo “Beato l’uom che dietro a’ rei consigli”
(Salmo 1. Le due vie)
Verso I
Il testo
Beato l’Uom, che dietro a’ rei consigli
De’
scellerati non andò giammai,
E che non fermò
‘l piede
Su quelle torte
vie, dove fan gli empj
Della lor vita il
corso;
E
molto meno in cattedra s’assise
Di pestilenza ad
infettare altrui
Con corrotte
dettrine e pravi esempj.
La musica
Il
brano è un fugato a due voci (contralti e bassi), dalla
melodia sciolta e scorrevole. Abbiamo qualche elemento descrittivo:
quando si parla delle vie torte degli empi l’andamento si fa
cromatico5
e realmente ‘tortuoso’. Intervalli strani si hanno anche
sulle parole ‘corrotte dottrine’, quasi ad esprimere una
sorta di ripugnanza per queste eresie.
Verso II
Il testo
Ma la divina legge
Fatta
del suo volere il solo oggetto,
In
essa e giorno, e notte
Immerge
la sua mente e immerge il core
La musica
La
parte iniziale è un solo del contralto su una melodia dal
ritmo puntato. Segue subito un canone del coro sulle parole ‘immerge’
e infatti i contralti si immergono in note abissalmente basse per
loro. Conclude il brano un elegante vocalizzo di ambedue le voci.
Verso III
Il
testo.
Egli sarà qual arbore
Presso
piantato a un rivolo
D’acque
correnti e limpide,
Ch’avrà
ne’ tempi debiti
Tutto
di frutta carico
Il
folto e verde crin;
La musica
L’inizio
del contralto solista è ‘lento’, come si conviene
all’albero ben piantato di cui parla il testo. Un po’ più
di movimento si ha subito dopo quando si parla di acque ‘correnti
e limpide’.
Verso IV
Il testo
Frondi
mai non vedrannosi
Da
pianta così nobile
O
scolorite od aride
Al
suol morte cader;
Ma
tutto ciò, che faccia,
Un
dì fia, che conducasi
A
lieto e dolce fin.
La musica
Di nuovo abbiamo, all’inizio, un canone eseguito dal coro. Cominciano i bassi seguiti dopo tre battute dai contralti, mentre il basso continuo segna il tempo con una specie di ‘ostinato’ discendente. Sulle parole “Ma tutto ciò …” ecco un duetto dei sue solisti che cominciano omofonicamente, eseguendo la stessa melodia su diverse note, mentre poi le loro parti si sfalsano, dialogando. Sulle parole “un dì …” riappare il coro, con un nuovo canone spigliato e gioioso, quale si conviene al contenuto ottimistico del testo.
Verso V
Il testo
Non
già così degli empii;
Saran
bensì qual polvere,
Che
dalla terra balxano
I
venti, e la disperdono.
La musica
Alla gioia appena manifestata si contrappone la
cattiva novella per gli empi, annunciata dal contralto solista con
una breve frase in stile di recitativo. Segue la descrizione della
loro cattiva sorte con una melodia piena di scomodi salti ascendenti
e discendenti, sempre cantata dalla solista. E sulla parola finale
‘disperdono’ anche le note si disperdono in un lungo
vocalizzo inframmezzato da pause che rappresentano questa
frammentazione e dispersione della polvere in cui gli empi sono
ridotti.
Verso VI
Il testo
Pertanto
nel terribile
Universal
giudicio
Non
sorgeran per vivere,
Né
più frammischierannosi,
Come
quaggiù facevano,
Con
alme giuste i reprobi.
La musica
Torna il coro con un altro canone, la cui melodia si caratterizza per il salto di terza maggiore discendente sulla parola “terribile”, in modo da rendere l’idea. Sulle parole “né più frammischierannosi” la distanza tra le due voci si riduce in una specie di ‘stretto’, in modo che effettivamente contralti e bassi ‘frammischiansi”, come per descrivere la parola e non la sua negazione.
Verso VII
Il testo
Sono esposte e son care al Signor nostro
Le
vie per cui camminan gl’innocenti;
Ma
le strade degl’empj
Periscono,
dileguansi.
La musica
Il
primo verso viene cantato dal contralto solista: è quasi un
brevissimo recitativo per introdurre
la
fuga del coro: alla frase in note lunghe introdotta dai contralti
risponde subito il ‘controsoggetto’6
dei bassi su una scala discendente che allude in maniera molto chiara
al perire e al dileguarsi degli empi. Questi due elementi si
ripresentano più volte in modi variati e con molta efficacia..
Benedetto
Marcello
Salmo
III “O Dio,
perché cotanto è mai cresciuto”
Benedetto
Marcello
Salmo
VIII “Oh di
che lode, di che stupore”
Benedetto
Marcello
Salmo
XV “….
Benedetto
Marcello
Salmo
XXVIII “O prole nobile”
Il testo
O prole nobile di magni principi
Al tempio vadano e si presentino
Agnelli teneri al potentissimo nostro Signore.
All’augustissimo suo nome rendasi gloria.
E nell’atrio santo e magnifico
Del tabernacolo inni si cantino all’augustissimo.
E al ciel s’innalzino voci d’onore.
La musica
Dopo un inizio omofonico delle tre voci corali
(bassi, tenori e contralti), su valori più brevi le tre
sezioni svolgono un dialogo sulle parole “al tempio vadano …”,
dopo di che questa sezione si conclude su alcune battute di nuovo
omofoniche. Ora i solisti corrispondenti riprendono, con qualche
variante la melodia mossa già cantata dal coro. Rientra il
coro con una nuova melodia costituita di ripetute scale discendenti
intervallate da impennate a zig zag sulle parole “e al ciel
s’innalzino”. Tutto il brano si conclude con alcune
battute in stile omofonico.
Il testo
Tuona sull’acque con maestade
E
con orribile nostro terrore
Di
Dio la voce fa sentirsi dall’alte nuvole sopra la terra
Oscura
e pavida tempesta atroce gir minacciando
La musica
Il
brano ha fortissime caratteristiche descrittive. All’inizio
tutte le voci sono insieme nell’esprimere il terrore di fronte
al dio che si manifesta nei fenomeni naturali. Poi le voci si
separano per qualche battuta, dialogano, con un bell’effetto
di concitazione drammatica, cui contribuiscono anche le semicrome del
basso continuo.
Il testo
Oh! Da qual forza è accompagnata
Quale
splendore, quanto spavento Ella mai spande.
O
come svelle quei così antichi cedri del Libano,
Cui
rendono forti cent’anni e cento.
La musica
Al
‘presto’ della sezione precedente succede ora un ‘largo’
caratterizzato dal contrasto tra due elementi: da un lato una frase
lenta e statica di minime, con frequente ripetizione della stessa
nota o piccoli spostamenti, e dall’altro una specie di
serpentina di semiminime che passa di voce in voce cambiando
continuamente forma, fino ad una conclusione omofonica sull’elemento
composto di valori lunghi.
Il testo
Come nei prati van saltellando gli armenti teneri,
Allor
che pasconsi di fiori ed erbe;
La musica
Questo
adagio, affidato ai due solisti, il tenore e il contralto, è
una specie di ‘siciliana’, un brano in tempo di 12/8, dal
ritmo puntato7
dall’andamento cullante, quasi di ‘barcarola. E’
una forma musicale usata soprattutto per brani di carattere
pastorale, e infatti qui si parla proprio di ‘teneri armenti’.
Il brano è composto secondo lo stile dell’’imitazione’:
che “consiste nella riproduzione … di un motivo, o parte
di esso, proposto in precedenza da un’altra parte”8.
Il brano successivo segue senza soluzione di continuità.
Il testo
Tal
questa voce forte e tremenda
Balzar
fa i monti
Tanto
che toccano le loro il cielo cime superbe
La musica
In
netta contrapposizione col brano precedente, dopo la polifonia
torniamo all’omofonia, dopo i solisti torniamo al coro, dopo
l’Arcadia torniamo agli effetti drammatici che interrompono
l’idillio pastorale precedente. Dopo i primi due versi del
testo pronunciati all’unisono dalle tre voci corali, sulle
parole “tanto che toccano” ogni singola voce,
intervenendo l’una dopo l’altra, a canone, compie delle
scalette ascendenti per aggiungere, appunto, il ‘cielo’
dei rispettivi registri vocali. Il testo già cantato viene poi
ripetuto tornando allo stile omofonico e partendo da una nota più
alta di un tono, Ma stavolta il coro canta degli accordi, non la
stessa nota. Intanto però i bassi introducono delle dissonanze
per far sentire la drammaticità della situazione. Riprende
infine, con qualche variante nel finale, il canone dell’ascesa
al cielo che abbiamo già sentito.
Il testo
In
mille parti squarcia le fiamme de’ lampi e fulmini,
Ed
altri nembi dal ciel disserra.
Indi
per queste fiamme squarciate
S’apre
la strada ond’ella scende
Tutta
a commuovere la bassa terra.
La musica
Il
dramma continua in questo ‘presto’ che comincia in modo
polifonico e subito dopo ci fa sentire tutto il coro insieme sulle
parole ‘de’ lampi e fulimini’. Segue subito dopo un
brevissimo fugato caratterizzato da un insistito cromatismo fino a
quando tutti si ritrovano insieme sulle parole “dal ciel
disserra”. Ritorna la polifonia con un tema fatto di un
arpeggio ascendente seguita da un arpeggio discendente sulle parole
“ond’ella scende”.
Il testo
Questa
tremenda voce possente
Scuote
di Cades gl’orribilissimi ampi deserti
La musica
Di
nuovo gli effetti drammatici vengono perseguiti da uno scandire
omofonico delle parole del testo su note ripetute o che si alzano o
abbassano di poco, mentre il movimento e i salti li abbiamo
nell’accompagnamento strumentale. La polifonia in questo brano
è completamente assente, se si esclude un piccolissimo
vocalizzo dei contralti nel finale.
Il testo
E
le cervette per lo timore
Fa
che producano parti immaturi,
E
cangia i boschi in campi aperti!
La musica
Ma
ci siamo dimenticati dei poveri animali che saranno atterriti da
tutto questo dramma meteorologico, tanto da produrre ‘parti
immaturi’.. E infatti i solisti rivolgono un pensiero a loro,
con discrezione, cantando piano, anch’essi nello stile
rigorosamente omofonico che abbiamo sentito un momento fa. Il coro
raccoglie l’invito dei solisti e completa il brano nello stesso
stile.
Il testo
Or
mentre ch’odesi
Tal
voce tremano
I
monti altissimi
E
le de’ fulmini fiamme si squarciano,
E
i boschi n’ardono e ‘l mondo s’empie
Tutto
d’orrore.
Sen
corra al tempio divoto il popolo
Per
riconoscere qual nell’Altissimo
Possanza
scoprasi
E
implori supplice il suo benefico almo favore!
La musica
Lo
stile non cambia ancora: in tempo lento (è un ‘largo’)
il coro torna a usare l’omofonia (come nel penultimo brano) per
produrre effetti drammatici, aiutandosi in questo con un intenso
ricorso alle dissonanze e un rapido movimento di semicrome nel basso
continuo. Dopo una lunghissima nota di 7/4 del coro sulla parole
“orrore”, sottolineata dal movimento dell’accompagnamento
strumentale, il clima cambia improvvisamente: tenori e contralti
introducono una melodia gioiosa e danzante sulle parole “sen
corra al tempio …”, cui si uniscono subito anche i
bassi. Il cielo si è rasserenato.
Il testo
Dunque
si speri!
La
musica
E con la declamazione delle otto battute di questo ‘adagio’, sempre in stile omofonico, dall’ottimo effetto retorico, il cambiamento di situazione viene solennemente sancito. Si può quindi passare all’allegro’ successivo.
Il testo
Dopo l’orribile nembo fiunesto
Scender
vedrannosi acque feconde!
La musica
Il contralto ci presenta una melodia piacevole e spigliata, simile a quella con cui si era concluso il penultimo brano, di cui in un certo senso costituisce uno sviluppo. Viene dato anche abbastanza spazio al virtuosismo: sulla parola ‘feconde’ la solista può così mostrare quanto è brava a fare trilli e vocalizzi.
Il testo
E
fia che sieda sopra il suo trono il grande Iddio eternamente
Qual
augustissimo re che governi
La
terra e l’onde eternamente!
La musica
Il brano comincia con un breve fugato del coro. Poi ecco la parola “eternamente” cantata per un’eternità (7 battute) dai tenori, mentre bassi e contralti tornano all’omofonia. L’ intreccio tra questi due elementi si ripropone subito dopo, con la parola ‘eternamente’ che passa prima ai contralti e poi ai bassi.
Il testo
Ei
renderà la gente sua possente,
Colmeralla
di pace
E
la farà con immutabil tempre
La musica
Piccolo
duetto tra i due solisti che inizia all’unisono e poi si
sviluppa brevemente con il procedimento dell’imitazione.
Il testo
Mai
non turbarsi e viver lieta sempre!
La musica
E
per finire, ecco una fuga vera e propria. Il ‘soggetto’ è
basato su valori lunghi, ha un andamento discendente, per gradi
congiunti e anche con un po’ di cromatismo. Su questo tema si
canta la prima semifrase, mentre il controsoggetto (sulle parole “e
viver lieta sempre”) ha un andamento più mosso
(prevalenza di semiminime) e contiene più salti.
1
Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, Milano,
1976, p. 412.
2
Ibidem.
3
Cfr. L’introduzione del primo tomo degli spartiti dei Salmi
a cura di Lino Biancxhi, Edizioni EDI-PAN, Roma, 1983.
4
Ibidem.
5
Cioè per intervalli di semitoni
6
Mentre il ‘soggetto’ è il tema principale della
fuga, il ‘controsoggetto’ è il secondo tema che
si intreccia col primo secondo precise e complesse regole.
7
Cioè con note puntate, che prolungano di metà la loro
durata.
8
Cfr. Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, p. 343.
15/01/1998 S.Prisca - Aventino
[file] 15 gennaio 1998 0.43 BUX-2 Piero
Concerto
del coro da camera del CIMA
17
gennaio 1998, ore 21.00
S.
Prisca - Aventino
Programma
Dietrich Buxtehude (1637-1707):
* Cantata “In dulci jubilo”
* “Cantate Domino”
Georg
Philipp Telemann
(1681-1767):
- Am Feste der Verkndigung Mari: “Gott will Mensch und sterblich werden” – cantata per soprano e basso continuo
Johannes
Brahms
(1833-1897): tre pezzi per coro:
*
Ach lieber Herre Jesu Christ
*
Beherzigung
*
Darthulas Grabsgesang
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
* Cantata n. 158: “Der Friede sei mit dir”
* Mottetto “Jesu meine Freude“
*
* *
Dietrich
Buxtehude (1637-1707):
Cantata “In dulci jubilo”
Testo:
In
dulci jubilo Jesu parvule,
nun
singet und seid froh!
Nach
dir ist mir so weh:
Unsers
Herzens Wonne liegt in praesepio.
Troest
mir mein Gemuete, o puer optime,
und
leuchtet als die Sonne matris in gremio,
durch
alle deine Guete, o princeps gloriae!
Alpha
es et O, trahe me post te, trahe me post te!
O
patris caritas, o nati leonitas!
Wir
waeren alle verdorben per nostra crimina,
so
hat er uns erworben coelorum gaudia.
Eia,
waer’n wir da, eia waer’n wir da!
Ubi
sunt gaudia? Nirgend mehr denn da,
da
die Engel singen nova cantica
und
die Schellen kòlingen in regis curia.
Eia,
waer’n wir da, eia waer’n wir da!
Traduzione
O
bambinello Gesù, in dolce giubilo
ora
cantate e siate pieni di gioia!
Soffro
tanto per te:
la
gioia del nostro cuore giace nella mangiatoia.
Consola
il mio animo, o ottimo fanciullo,
che
risplendi come solo nel grembo della madre,
grazie
a tutta la tua bontà, o principe di gloria!
Sei
l’Alfa e l’Omega, portami con te!
O
amore del padre, o leoninità del figlio!
Saremmo
tutti perduti a causa dei nostri peccati,
ma
egli ci ha procurato le gioie dei cieli.
Suvvia,
fossimo là, fossimo là!
Dove
sono le gioie? Sono proprio qui,
qui
dove gli angeli cantano nuovi cantici,
e
le campane suonano nel palazzo del re.
Suvvia,
fossimo là, fossimo là!
Commento
Questa
cantata di Buxtehude1,
per tre voci corali (soprani, contralti e bassi), caratterizzata da
un andamento piuttosto popolare, con un testo in parte latino e in
parte tedesco (e le due lingue a volte si alternano nella stessa
frase), ha un carattere piuttosto arcaico. Ciò si deve
probabilmente anche al fatto che il testo è legato alla
liturgia, e quindi alla tradizione. Tutto il brano è dominato
da una melodia in tempo ternario, che si conclude con uno strano
vocalizzo di semiminime, che rappresenta in un certo senso il segno
caratteristico di questo brano. Secondo il musicologo André
Pirro, questo “avvincente prolungamento melodico sull’ultima
sillaba imita le cornamuse”2.
Gli
interventi del coro (dall’andamento prevalentemente omofonico)
si alternano ad intermezzi strumentali che ribadiscono, con varianti,
la stessa fisionomia melodica. Anche gli interventi corali propongono
diverse formulazioni di questa melodia, che però resta sempre
riconoscibilissima, grazie soprattutto alla persistenza della stessa
struttura ritmica. L’insieme della composizione appare quindi –
per certi aspetti - come una specie di ‘tema con variazioni’.
Ma questo è vero solo fino a un certo punto perché,
benché il grado di variazione resti contenuto, sono anche le
dimensioni del tema che non sono sempre le stesse. Si potrebbe dire,
insomma, che abbiamo una specie di cellula fondamentale che, in modo
molto libero, viene variamente modificata, arricchita e sviluppata.
Dietrich Buxtehude (1637-1707):
Cantate Domino
Motetto3 per due soprani, basso e organo
(Salmo
96, 1-4)
Testo:
Cantate
Domino canticum novum
Cantate
Domino omnis terra,
cantate
Domino et benedicite nomini ejus
annuntiate
die in diem salutare ejus,
annuntiate
inter gentes gloriam ejus,
in
omnibus populis mirabilia ejus,
quoniam
magnus Dominus et laudabilis nimis.
Terribilis
est super omnes deos.
Gloria
Patri et Filio et Spiritui sancto
Sicut
erat in principio et nunc et sempre
Et
in saecula saeculorum, Amen.
Traduzione4
Cantate
al Signore un cantico nuovo
Cantate
al Signore, voi tutti della terra!
Cantate
al Signore e benedite il suo nome,
proclamate
ogni giorno la sua salvezza!
Narrate
fra le genti la sua gloria,
fra
tutti i popoli le sue meraviglie,
poiché
grande è il Signore e degno di ogni lode;
terribile
più di tutti gli dèi.
Gloria
al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come
era in principio ed ora e sempre
E
nei secoli dei secoli, Amen.
Commento
Questo
motetto di Buxtehude5,
per tre voci corali (2 soprani e basso) e per basso continuo si può
dividere in cinque parti:
La
prima è una specie di fugato delle tre voci soliste, che
entrano in scena in successione. Comincia il soprano I, che esegue il
tema principale; poi interviene il soprano II che ripete la stessa
melodia una quinta più in basso, e infine il basso. Dopo
l’elaborazione polifonica di questo materiale comincia una
seconda parte della fuga in cui prima il soprano primo si contrappone
alle altre due voci che entrano in scena contemporaneamente, mentre
poi le tre voci si associano e si dividono in svariate combinazioni.
La
seconda parte è un’aria del basso solista, preceduta da
un’introduzione strumentale.
La
terza parte è un’aria del soprano I che esegue una
melodia diversa da quella del basso, ma in fondo dello stesso tipo,
sulla stessa tonalità e sullo stesso ritmo. In pratica è
la seconda parte della stessa aria. Verso la fine di questa sezione
appare anche il soprano II in una breve frase omofonica sulle parole
“in omnibus populis”. E dopo poche battute di vocalizzo a
canone sulle parole “mirabilia ejus” questa parte si
conclude per lasciare spazio alla nuova solista.
Ecco
quindi l’aria solistica del soprano II. Anche questa è
una variante delle melodie già ascoltate, ma presenta forse
una maggiore varietà, un ritmo un po’ più mosso,
qualche nota tenuta sul basso continuo che esegue la melodia.
Nella
quinta e ultima parte, l’inizio del ‘Gloria’ si
presente in forma omofonica, com’è tradizione, mentre
subito dopo le voci si separano, si contrappongono, si mischiano
nella fuga finale sulle parole ”et in saecula saeculorum,
Amen”.
Georg
Philipp Telemann (1681-1767):
“Gott
will Mensch und sterblich werden”
Cantata
per la festa dell’Annunciazione
per
2 soprani, violino e basso continuo
Aria
Testo:
Gott
will Mensch und sterblich werden
Dass
der Mensch in seinem Wehe nicht vergehe;
welch
ein Merkmal hoher Treu!
Fordre,
fordre, kann’s dein Witz erreichen,
Dir
ein Zeichen hier auf Erden,
Oder
droben in der Hhe,
das
so gross als dieses sei.
Traduzione
Dio
vuole diventare uomo e mortale
Affinché
l’uomo non si perda nel suo dolore,
come
un segno di alta fedeltà!
Chiedi
pure, il tuo ingegno può ottenerlo,
di
avere un segno qui sulla Terra
oppure
lassù, in alto,
che
sia grande come questo.
Commento
Dopo
un’introduzione strumentale che anticipa la vivace melodia (il
tempo è ‘presto’) il soprano intreccia un
piacevole duetto con il violino, che commenta la melodia della
solista con una serie di virtuosismi, tra i quali spicca soprattutto
un’insistente serie di semiscale ascendenti di semicrome.
Questo procedimento si ferma improvvisamente su un accordo
dissonante, seguito da una pausa. Poi il movimento riprende con le
stesse caratteristiche della prima parte, per ribadire per l’ennesima
volta la frase “welch ein Merkmal hoher Treu” (“come
un segno di alta fedeltà”). Ricominciano le semiscale
ascendenti del violino che per qualche battuta si trova da solo,
quasi fosse lui un altro solista. Poi il canto riprende sulle parole
“Fordre, kanns dein
Witz …”). Poi c’è il ‘da capo’,
cioè la ripetizione della prima parte.
Recitativo
Testo:
Nein,
wenn ich gleich der Morgenrte
Flgel
nhme,
knnt
ich mich gen Himmel schwingen
und
wiederum von da bis in den tiefsten Raum des Abgrunds dringen,
so
find ich berall
doch nichts so wunderreich,
als
dass der unerschaff’ne Gott,
Jehovah
Zebaoth, zur Kreatur um uns, um uns geworden!
Ach
ja, Immanuel tritt in den Menschen Orden
und
machet sie von ihrer Sklaverei
in
seinem Siege frei.
Die
beiden wten
den Tyrannen,
die
uns in Furcht gebracht,
der
wilde Tod und jener Frst
der Nacht,
erheben
sich, durch ihn besiegt, von danne.
Wohlan,
ihr von dem Herrn so hochgeschtzte
eelen,
verlasst
die schwarzen Trauerhhlen,
vergngt
Euch am Glanze dieser Freudensonne,
dies
grosse Wunderwerk erfordet grosse Wonne!
Traduzione:
No,
anche se io potessi subito
afferrare
le ali dell’aurora
e
potessi slanciarmi verso il cielo,
e
di nuovo di lì lanciarmi
verso
il più profondo spazio dell’abisso,
non
troverei in nessun luogo
qualcosa
di così meraviglioso
come
il Dio infinito, Jehovah Sebaoth,
che
per noi è diventato creatura!
Ma
sì, Emanuele entra nell’ordine degli uomini,
e
con la sua vittoria li rende liberi dalla schiavitù.
Ambedue
i tremendi tiranni,
che
ci hanno riempito di paura,
la
morte terribile e il principe della notte,
si
alzano, sconfitti da Lui.
Suvvia,
voi anime che siete state così predilette dal Signore,
abbandonate
le nere vesti di lutto,
e
gioite allo splendore di questo amico solare.
Questo
miracolo merita grande gioia!
Aria
Testo:
Immanuel ist
da!
Thriumph,
hallelua!
Er
freuet euch, ihr Himmelsthronen sammt allen,
die
auf Erden wohnen,
wir
sind durch ihn denm Himmel wieder nah;
Immanuel
ist da!
Was
unsrer Seelen Angst erwecket,
hat
Jesus in den Staub erstrecket,
auf
welchen schon der Vter
Hoffnung sah.
Triumph,
Triumph, Triumph, Triumph, halleluja!
Traduzione
Emanuele
è qui. Trionfo! Alleluja!
Egli
vi renderà felici, voi, troni del cielo
Insieme
a tutti coloro che abitano sulla Terra.
Grazie
a Lui siamo di nuovo vicini al cielo;
Emanuele
è qui!
Ciò
che risveglia l’angoscia delle nostre anime,
Gesù
lo ha soffocato nella polvere,
Gesù
che già vedeva la speranza dei padri.
Trionfo,
trionfo, trionfo, trionfo, alleluja!
Commento
Dopo
il recitativo, che non presenta caratteristiche che lo distinguono
dalla forma tradizionale, con quest’aria conclusiva riprende il
duetto serrato tra soprano e violino che già avevamo ascoltato
nel primo brano di questa cantata. Il violino presenta la nuova
piacevole melodia, dall’andamento molto spigliato e mosso
(l’indicazione di tempo è ‘vivace’). Subito
dopo, ecco il tratto caratteristico di questo brano: invece delle
semiscalette ascendenti della prima aria abbiamo qui lunghe serie di
semicrome con ripetizione della nota iniziale di ogni quartina. Il
soprano riprende poi la melodia già esposta dal violino, e,
sulla parola ”Halleluja” ci ripropone l’elemento
caratteristico delle semicrome con nota iniziale della quartina
ribattuta. Questo materiale tematico viene ampiamente sviluppato e
variato. C’è infine il ‘da capo’ con la
ripetizione della parte iniziale.
Johannes
Brahms (1833-1897):
Ach
lieber Herre Jesu Christ
Testo:
Ach
lieber Herre Jesu Christ,
weil
du ein Kind gewesen bist,
so
gib auch diesem Kindelein
dein
Gnad un auch den Sewgen dein;
Ach
Jesus, Herre mein,
beht
dies Kindelein.
Dein’r
Engel Schar, die wohn ihm bei,
es
schlaf, es wach und wo es sei,
das
heilig Kreuz beht
es schon,
dass
es besitz der Heil’gen Kron;
Ach
Jesus, Herre mein,
beht
dies Kindelein.
Nun
schlaf, nun schlaf, mein Kindelein,
Jesus
, der soll dein Wchter
sein,
der
woll, dass dir getrume
wohl
und
werdest aller Tugend voll.
Ein
gute Nacht und guten Tag
Geb
dir, der alle Ding vermag.
Hiemit
sollst du gesegnet sein,
mein
herzeliebes Kindelein.
Jesus,
der Herre mein,
beht
dies Kindelein.
Traduzione
Ah,
caro Signore Gesù Cristo,
poiché
sei stato bambino,
dà
anche a questo bimbo
la
tua grazia e la tua benedizione.
Oh,
Gesù, mio Signore,
proteggi
questo bambino.
Che
la schiera dei tuoi angeli gli stia vicina,
sia
che dorma, sia che vegli, e dovunque si trovi,
la
santa croce lo protegga,
in
modo che possieda la sacra corona.
Oh,
Gesù, mio Signore,
proteggi
questo bambino.
Dormi
adesso, dormi, bimbo mio.
Gesù
ti farà la guardia,
egli
vuole che tu faccia bei sogni
e
che diventi pieno di virtù.
Oh,
Gesù, mio Signore,
proteggi
questo bambino.
Una
buona notte e una buona giornata
Ti
dia colui che tutto può.
Così
tu sia benedetto,
mio
carissimo bambino.
Oh,
Gesù, mio Signore,
proteggi
questo bambino.
Commento
Questa
ninna nanna (che è il n. 6 della raccolta dei ‘canti
popolari tedeschi’, di Brahms) ha un andamento molto semplice.
Un’identica melodia si ripete senza modificazioni per quattro
volte, con una struttura rigorosamente omofonica: le quattro voci
cantano sempre con lo stesso ritmo. La frase musicale è
costituita prevalentemente da una successione di note per gradi
congiunti, cioè con pochi salti. Il ritmo è
regolarissimo: tutte note dello stesso valore. Tutto ciò
conferisce all’insieme un’impressione di tranquillità,
di intimità: quello che ci vuole, appunto, per rassicurare il
bambino e facilitargli il sonno.
Johannes
Brahms (1833-1897):
Beherzigung
Testo:
Feiger
Gedanken,
bngliches
Schwanken,
weibisches
Zagen,
ngstliches
Klagen,
wendet
kein Elend,
macht
dich nicht frei,
macht
dich nicht frei.
Allen
Gewalten
Zum
Trutz sich erhalten,
nimmer
sich beugen,
krftig
sich zeigen,
rufet
die Arme der Gtter
herbei!
Traduzione
Il
pensiero vile,
la
paurosa esitazione,
l’indecisione
da donnicciola,
l’angosciosa
lamentela,
non
rimuovono alcuna disgrazia,
non
ti rendono libero,
non
ti rendono libero.
Resistere
caparbiamente
ad
ogni violenza,
non
piegarsi mai,
mostrarsi
forti,
questo
chiama il braccio degli dei,
questo
chiama il braccio degli dei.
Commento
Questo
brevissimo coro è stato composto da Brahms su un testo di
sapore piuttosto romantico, o preromantico, di Goethe. Il tono eroico
dei versi viene rappresentato musicalmente da una progressione6
di un frammento melodico di cinque note, che le voci del coro cantano
come una specie di canone: prima le voci femminili, poi, a una sola
battuta di distanza, quelle maschili. Nella seconda frase (“wendet
kein Elend …”) l’andamento ascendente viene
sostituito da uno discendente, che si conclude con la ripetizione
della prima conclusione: “non ti rende libero”.
Nella
seconda parte il ritmo ternario viene sostituito da uno binario.
Stavolta sono le voci maschili a iniziare il canone, mentre la
direzione ascendente e quella discendente si alternano. Le voci
maschili e quelle femminili si contrastano ritmicamente. Nella frase
finale (“rufet die Arme …”) le tre voci superiori
precedono quella dei bassi su un andamento discendente, come a
rimarcare il carattere conclusivo delle parole del testo.
Johannes
Brahms (1833-1897):
Darthulas
Grabsgesang, op. 42 n. 3
Testo:
Mdchen
von Kola, du schlfst!
Um
dich schweigen die blauen Strme
Selmas!
Sie
trauren um dich, um dich!
Sie
trauren um dich, den letzten Zweig von Thruthils Stamm!
Wann
erstehst du wieder in deine Schne?
Schnste
der Schnen,
in Erin!
Du
schlfst
im Grabe langen Schlaf,
dein
Morgenrot ist ferne!
O
nimmer kommt dir die Sonne,
weckend
an deine Ruhesttte:
wach
auf, wach auf, Darthula!
Frhling
ist draussen!
Die
Lfte
suseln,
auf grnen
Hgeln,
holdseliges
Mdchen,
weben die Blumen!
Im
Hain wallt spriessendes Laub!
Weiche,
Sonne, dem Mdchen
von Kola, sie schlft!
Nie
ersteht sie wieder in ihrer Schne!
Nie
wieder in ihrer Schne,
nie
siehst du sie lieblich wandeln mehr,
sie schlft!
Traduzione
Fanciulla
di Kola, tu dormi!
Intorno
a te tacciono gli azzurri fiumi di Selma!
Sono
in lutto per te!
Sono
in lutto per te, ultimo virgulto della stirpe di Thurthil.
Quando
risorgerai nella tua bellezza?
Bella
tra le belle, a Erin!
Tu
dormi un lungo sonno nella tua tomba,
la
tua aurora è lontana!
Oh,
mai più il sole
verrà
al tuo giaciglio, per svegliarti:
svegliati,
svegliati, Darthula!
Fuori
è primavera!
Le
brezze sussurrano sulle verdi colline,
o
incantevole fanciulla, e agitano i fiori!
Nel
boschetto ondeggiano le fronde germoglianti!
Allontanati,
o sole, dalla fanciulla di Kola, lei dorme!
Mai
più risorgerà nella sua bellezza!
Mai
più la vedrai passeggiare amabilmente, nella sua bellezza,
essa dorme!
Commento
Questo
coro romanticissimo sia per il testo sia per l’aspetto musicale
si basa su una poesia di Herder relativa al leggendario bardo
scozzese Ossian7.
Il brano è per sei voci: soprani, contralti primi, contralti
secondi, tenori, bassi primi e bassi secondi.
Il
pezzo si divide in tre parti. Nella prima i contralti propongono una
semplice e brevissima melodia in re minore a cui le voci maschili
rispondono modificandola ed ampliandola. Il tema è di tono
abbastanza lugubre e richiama alla mente l’atmosfera del primo
Romanticismo tedesco (atmosfera che non era proprio quella in cui si
muoveva Brahms, ma che il compositore amburghese era capacissimo di
ricreare). Questo gioco di proposta – risposta continua per
qualche battuta fino a che entrano in gioco anche i soprani, finora
rimasti silenziosi. Essi intervengono alla frase “Quando
risorgerai nella tua bellezza?” (“Wann erstehst du wieder
in deiner Schne?”).
Poco dopo il procedimento di botta e risposta cede il passo a qualche
battuta in cui tutto il coro si ritrova insieme sulle parole “mai
più il sole verrà al tuo giaciglio, per svegliarti”
(“O nimmer kommt die Sonne weckend an deine Ruhesttte”).
La
seconda parte è in altra tonalità, sol maggiore, e
naturalmente ha un carattere più ottimistico, perché
qui si cerca di indurre la defunta a svegliarsi. Nuovi elementi
ritmici (tra cui le ripetute terzine) rendono evidente questa nuova
atmosfera. Ma la speranza si esprime con una certa timidezza, come
per non disturbare. L’ottimismo è quindi in parte
contraddetto dalle indicazioni dinamiche (“mezza voce”,
“pianissimo”). Verso la fine di questa parte abbiamo un
crescendo sulle parole “wach auf!” (“svegliati!”),
ma l’illusione dura poco. Darthula non si sveglia.
Si
passa così alla terza parte, che, simmetricamente, ci riporta
alla tonalità e all’atmosfera della prima. Stavolta il
dialogo è proposto dai bassi ai quali rispondono tenori,
contralti e soprani. Rispetto alla prima parte abbiamo diversi
cambiamenti per quanto riguarda le combinazioni delle diverse voci
del coro, e, in parte, anche per quanto riguarda la melodia. Si
prende atto che il tentativo di svegliare la fanciulla è
fallito, e tutte le voci, ora separatemente, ora unite, constatano
che “lei dorme!”
*
* *
Johann
Sebastian Bach (1685-1750)
Cantata n. 158 “Der Friede sei mit dir”
All’epoca
di Bach la cantata sacra era una composizione che non si distingueva
nettamente da altre forme di pezzo musicale vocale di tipo religioso.
Sia le cantate sia i mottetti erano brani musicali su testi in parte
tradizionali e in parte preparati per l’occasione liturgica cui
erano destinate. “In questa cerimonia sacra, che durava a volte
dalle tre alle quattro ore, la cantata occupava, insieme col sermone,
un posto centrale – al contrario del mottetto che serviva
piuttosto da introduzione musicale. Insieme al sermone, la cantata
doveva contribuire all’edificazione morale dei fedeli aprendo
loro la comprensione emozionale del Vangelo.”8
La
cantata n. 158 ha per tema la morte, considerata non come un male da
temere, ma come momento della liberazione dell’anima e
dell’accesso alla pace eterna, grazie al sacrificio di Cristo,
l’Agnello pasquale. Da notare il carattere drammatico e
arditamente barocco del testo, caratterizzato da metafore ardite e
anche crude.
1.
Recitativo
Testo:
Der
Friede sei mit dir,
du
ngstliches
Gewissen!
Dein
Mittler stehet hier,
der
hat dein Schuldenbuch
und
des Gesetzes Fluch
verglichen
und zerrissen.
Der
Friede sei mit dir!
Der
Frste
dieser Wet,
deri
deiner Seele nachgestellt,
ist
durch des Lammes Blut,
bezwungen
und gefllt.
Mein
Herz, was bist du so betrbt,
da
dich doch Gott durch Christum liebt?
Er
selber spricht zu mir:
“der
Friede sei mit dir!”
Traduzione
La
pace sia con te,
o
coscienza turbata!
E’
vicino il tuo mediatore
Che
ha saldato e strappato il libro dei tuoi debiti
E
la sentenza della legge.
La
pace sia con te!
Il
principe di questo mondo,
che
perseguita la tua anima
è
stato sconfitto e annientato dal sangue dell’agnello.
O
mio cuore, perché sei così triste,
se
Dio, mediante Cristo, ti ama?
Egli
stesso mi dice:
“La
pace sia con te!”
Commento
Questo
recitativo iniziale ha quasi il ruolo di ‘titolo’. Il
testo comincia infatti con il titolo dell’insieme della
cantata, e queste stesse parole vengono ripetute cinque volte alla
fine. Proprio quando il solista enuncia questa frase (“Der
Friede sei mit dir” – “La pace sia con te”)
l’accompagnamento del basso continuo è più
presente, con scale ascendenti e discendenti di crome, mentre la
linea della parte del solista è più melodica, anche
grazie ad una maggiore presenza di semicrome. In altri termini,
quando è presente questo testo, allo scopo di renderlo più
evidente Bach mette più melodia nella parte vocale e rende più
consistente la parte strumentale. In questo modo il brano diventa –
in quei punti - quasi un piccolo ‘arioso’9.
Per il resto, invece, la caratteristica musicale del brano è
quella tradizionale dei recitativi e risponde solo all’esigenza
di sottolineare in modo retorico il senso del testo.
2.
Aria con corale
Testo
del recitativo:
Welt,
ade! Ich bin dein mde,
Salem’s
Htten
steh’n mir an,
wo
ich Gott in Ruh’ und Friede
ewig
selig schauen kann.
Da
bleib’ ich, da hab’ ich Vergngen
zu wohnen,
Da
prang’ ich gezieret mit himmlischen Kronen.
Testo
del corale:
Welt
ade! Ich bin dein mde,
ich
will nach dem Himmel zu;
da
wird sein der rechte Friede
und
die ez’ge Seelenruh.
Welt
bei dir ist Krieg und Streit, nichtes denn lauter Eitelkeit,
in
dem Himmel allerzeit Friede, Ruh und Seligkeit.
Traduzione
del recitativo
Mondo,
addio, sono stanco di te,
le
capanne di Salem sono di fronte a me,
dove
io potrò, in tranquillità e in pace
contemplare
Dio in eterna beatitudine.
Là
resto, là devo abitare felice,
là
potrò risplendere adorno di corone celesti.
Traduzione
del corale
Mondo,
addio, sono stanco di te,
voglio
andare verso il cielo,
dove
è la vera pace e l’eterna calma dell’anima.
O
mondo, presso di te c’è guerra e contesa, null’altro
che vanità,
mentre
in cielo c’è sempre Pace, tranquillità e
beatitudine.
Commento:
Bach
ricorre spesso, sia nelle Cantate,
che nelle Passioni,
come pure nei Mottetti,
all’elaborazione di un corale in diversi modi, anche
mescolandolo con altre forme musicali. In questo brano, che secondo
Marion Bless10
rappresenta il cuore della composizione ed è uno dei
capolavori di Bach, abbiamo quattro elementi. Andando dal basso verso
l’alto, questi elementi sono:
- il basso continuo (organo e violoncello), sempre presente, con le sue crome che camminano inesorabili;
- il basso solista che canta la sua aria, che – almeno apparentemente – non ha nulla a che vedere con il corale;
- la melodia del corale, che – a intervalli di diverse battute – si sovrappone e si intreccia al canto del solista.
- la melodia del violino.
L’ascoltatore deve perciò
cercare di seguire contemporaneamente questi quattro elementi. Quello
del basso continuo è quello che – pur essendo
fondamentale – richiede minore attenzione, perché serve
da sfondo e da base armonica. Gli altri tre sono ugualmente
importanti.
All’inizio
abbiamo il violino solista che espone (sullo sfondo del basso
continuo) una lunga e complessa melodia, piena di semicrome e
biscrome, di scalette ascendenti e discendenti, di salite e discese a
zig – zag, di frasi ad andamento cromatico (cioè per
semitoni) che ne fanno qualcosa di estremamente ricco e rigoglioso.
Dopo 12 battute interviene il basso solista che riprende inizialmente
la melodia del violino, ma poi la sviluppa in modo diverso, con molto
minore ricorso a valori piccolissimi come semicrome e biscrome.
Intanto il violino, dopo meno di una battuta di riposo riprende i
suoi fantasiosi commenti come a compensare il carattere meno
lussureggiante della parte del basso.
Otto battute dopo l’ingresso
del basso, ecco il quarto elemento che mancava: la melodia del
corale, cantato dai soprani del coro.
Questa struttura si sviluppa con
diverse varianti. Il coro dei soprani divide il suo corale in tante
frasi di due-tre battute l’una. In questo modo la densità
della struttura musicale varia di continuo: a volta tutti e quattro
gli elementi sono presenti, a volte non c’è il corale e
allora sono tre; in altri momenti tace anche il basso solista e
restano solo il violino e il basso continuo; e non mancano alcuni
momenti in cui abbiamo solo il violino solista, che alla conclusione
riprende ruolo di protagonista che aveva all’inizio e conclude
il brano con ulteriori varianti della melodia iniziale, accompagnato
in modo discreto e anche un po’ intermittente dal basso
continuo.
3.
Recitativo e arioso
Testo:
recitativo
Nun,
Herr, regiere meinen Sinn,
damit
ich auf der Welt,
so
lang’ es dir mich hier
zu
lassen noch gefllt,
ein
Kind des Friedens bin,
und
lass mich zu dir aus meinen Leiden
wie
Simeon in Frieden scheiden.
Arioso:
Da
bleib’ ich, da hab’ ich Vergngen
zu wohnen,
da
prang’ ich gezieret mit himmlischen Kronen
Traduzione:
recitativo
Ora,
Signore, governa la mia mente,
in
modo che in questo mondo,
fintanto
che ti piaccia lasciarmi ancora qui,
possa
essere un figlio della pace,
e
lascia che io possa un giorno separarmi dai miei dolori
in
pace, come Simeone.
Arioso:
Là
resto, là devo abitare felice,
là
potrò risplendere adorno di corone celesti.
Commento
La
distinzione che si era notata nel n. 1 tra recitativo propriamente
detto e frasi del titolo cantate un po’ come arioso, qui è
una distinzione esplicita tra due parti nettamente distinte del
brano. Quando il testo si fa più positivo, quando smette di
parlare di ciò che non vuole, cioè del mondo che
l’anima pia vuole lasciare, e comincia a parlare di ciò
che vuole, cioè del mondo ultraterreno che vuole raggiungere,
il basso continuo si fa più mosso e si passa all’arioso.
Come a voler dire che per descrivere la felicità eterna ci
vuole la melodia, non basta la declamazione del recitativo.
5.
Corale
Testo:
Hier
ist das rechte Osterlamm,
davon
hat Gott geboten,
das
ist hoch an des Kreuzes Stamm
in
heisser Lieb’ gebraten.
Das
Blut zeichnet uns’re Tr’
Das
hlt
der Glaub’ dem Tode fr,
der
Wrger
kann uns nicht rhren.
Halleluja!
Traduzione
Ecco
il vero agnello pasquale,
promesso
dal Signore,
che
alto sull’albero della croce,
è
stato arrostito in amore ardente,
il
suo sangue segna le nostre porte
e
oppone la fede alla morte,
in
modo che il nemico non possa più toccarci.
Alleluia!
Commento
Il
corale conclusivo rientra perfettamente negli schemi di questo genere
musicale che risale a Martin Lutero e che da Bach è stato
portato ad un estremo livello di perfezionamento formale. Come
avviene nella maggior parte dei casi, il corale si divide in due
parti: la prima melodia viene ripetuta con testi diversi, mentre la
seconda, un po’ più estesa, viene eseguita una volta
sola. Da notare il carattere fortemente barocco del testo: giacché
si parla di agnello pasquale, non si esita a dire che Gesù è
stato ‘arrostito’ nell’ardore dell’amore. Ma
pur parlando della croce, la conclusione è ovviamente
ottimista, perché il sacrificio serve a salvare l’umanità.
E per questo la parola finale è ‘Alleluja’.
*
* *
Johann
Sebastian Bach (1685-1750)
Mottetto “Jesu, meine Freude”, BWV 227
“Jesu,
meine Freude” è il terzo dell’unica serie di sei
mottetti11
che ci sono rimasti tra le numerose opere scritte da Bach
appartenenti a questo genere. Bach scriveva i mottetti in occasione
delle prediche tenute nella chiesa di S. Nikolaus, a Lipsia. Secondo
quanto dice Philippe Herreweghe nell’opuscoletto introduttivo
al compact disc contenente i Mottetti di Bach da lui stesso diretti,
“i mottetti di J. S. Bach sono tra le opere più compiute
e costituiscono un vertice assoluto della polifonia occidentale; ci
si può quindi domandare perché queste pagine restino
così poco conosciute” E la risposta che si dà è
che la cosa si spiega da un lato perché “semplicemente
il pubblico ha raramente l’occasione di ascoltarli in concerto”
e poi perché “l’approccio con cui vengono
affrontati li rende opachi, indigesti”.
Il
mottetto “Jesu meine Freude” che eseguiremo è il
più lungo ed il più complesso di questa serie di sei
mottetti.
Albert
Schweitzer12,
nella sua monografia su Bach lo definisce ”una vera opera
d’arte anche dal punto di vista letterario, e aggiunge: “La
musica è degna del testo, che essa accompagna ora traducendolo
ora interpretandone il pensiero. Sembra quasi che prima d’ora
ogni strofa ed ogni versetto biblico abbiano tenuto nascosto in sé
una meravigliosa vita potenziale ed inespressa che si rivela
finalmente in tutta la sua bellezza solo attraverso le armonie di
Bach”.
Il
testo che Schweitzer apprezza così calorosamente è
composto da estratti di un cantico di Johann Franck (per quanto
riguarda i numeri dispari: 1, 3, 5, 7, 9, 11) e di un’epistola
di S. Paolo ai Romani per quanto riguarda i numeri pari (2, 4, 6, 8,
10): abbiamo così due cicli che si intercalano. Scrive in
proposito Herreweghe: “I due cicli hanno una tematica
differente e complementare. Il primo rappresenta l’addio del
corpo alla terra, il secondo esorta l’anima ad involarsi verso
il suo Dio. Ed è così che noi troviamo, al centro di
tutta l’opera, il testo: “Ma voi non siate carnali, bensì
spirituali” che ne riassume tutto il pensiero.
1.
Corale: Jesu, meine Freude
Testo:
Jesu,
meine Freude, meines Herzens Weide, Jesu, meine Zier,
ach
wie lang, ach lange ist dem Herzen bange, und verlangt nach dir!
Gottes
Lamm, mein Brutigam,
ausser dir soll mir auf Erden nichts sonst Liebers werden.
Traduzione
Gesù,
mia gioia, pascolo del mio cuore, Gesù, mio ornamento,
da
quanto tempo il mio cuore è in angoscia e anela a te!
Agnello
di Dio, mio sposo, al di fuori di te nulla sulla Terra deve essermi
più caro.
Commento
Il corale che dà il titolo
a tutto il mottetto è uno dei più conosciuti di Bach ed
ha una forma del tutto corrispondente al modello di questo genere: la
melodia è affidata ai soprani; la linea melodica viene
leggermente movimentata mediante un moderato ricorso a crome nelle
diverse parti, ma meno in quella dei soprani. Il tema apparirà
poi in diverse trasformazioni nel resto del mottetto (particolarmente
nei numeri dispari).
2.
Poco adagio: “Es ist nun nichts”
Testo:
Es
ist nun nichts Verdammliches an denen, die in Christo Jesu sind, die
nicht nach dem Fleische wandeln, sondern nach dem Geist (Romani,
8, 1)
Traduzione
Nessuna
condanna vi è dunque ora per coloro che sono in Gesù
Cristo, che si muovono non secondo la carne, ma secondo lo spirito.
(Romani, 8, 1)
13
Commento
In
contrasto con la tranquillità del corale, abbiamo ora qualche
effetto drammatico. La parola “nichts” (“nulla”)
viene pronunciata ora forte, ora piano, e messa in evidenza da
opportune pause. Poi, sulle parole “die nicht nach dem Fleische
wandeln” – “coloro che si muovono non secondo la
carne”, c’è un breve fugato, caratterizzato
dall’insistito ricorso alle sincopi. Alla fine di questo
episodio ritorna il gioco di ‘piano’ e ‘forte’
sulla parola ‘nichts’. Subito dopo ecco un nuovo fugato
sulle parole iniziali del brano e poi una ripresa del fugato
precedente che conclude il brano.
3.
Corale: “Unter deinen Schirmen”
Testo:
Unter
deinen Schirmen bin ich vor den Strmen
aller Feinde frei.
Lass
den Satan wittern, lass den Feind erbittern, mir steht Jesus bei.
Ob
es itzt gleich kracht und blitzt, ob gleich Snd
und Hlle
schrecken: Jesus will mich decken.
Traduzione
Sotto
il tuo ombrello sono al riparo dalle tempeste scatenate da tutti i
nemici,
Lascia
che Satana si agiti, lascia che il nemico si amareggi, Gesù mi
assiste!
Anche
se ora tuona e lampeggia, anche se il peccato e l’inferno
spargono il terrore: Gesù mi proteggerà.
Commento
Il
corale iniziale viene riproposto in forma perfettamente identica
nella parte dei soprani, mentre le parti delle altre voci presentano
delle varianti soprattutto ritmiche.
4.
Andante: “Denn das Gesetz”
Testo:
Denn
das Gesetz des Geistes, der da lebendig machet in Christo Jesu, hat
mich frei gemacht von dem Gesetz der Snde
und des Todes. (Romani,
8, 2)
Traduzione
Perché
la legge dello spirito della vita in Cristo Gesù mi ha
affrancato dalla legge del peccato e della morte. (Romani,
8, 2)
Commento
Ecco
una specie di intermezzo affidato ad una parte solo delle voci
coinvolte: un trio di soprani primi, soprani secondi e contralti, di
notevole complessità polifonica, mentre più avanti, al
n. 8, avremo le voci più basse del coro: bassi, tenori e
contralti. E’ evidente anche qui la geometrica ricerca di
simmetria: il n. 4 e il n. 8 sono le due mezze ali pari, mentre al
centro dei numeri pari c’è la fuga.
Le due voci più alte hanno
un andamento quasi parallelo, mentre i contralti si distinguono
maggiormente e fanno un po’ da ‘bassi’.
5.
L’istesso tempo: “Trotz den alten Drachen”
Testo:
Trotz
dem alten Drachen, trotz des Todes Rachen, Trotz der Furcht dazu!
Tobe,
Welt, und springe, ich steh hier und singe in gar sichrer Ruh
Gottes
Macht hlt
mich in Acht; Erd und Abgrund muss verstummen, ob sie noch so
brummen.
Traduzione
Nonostante
il vecchio dragone, nonostante la vendetta della morte, nonostante la
paura per queste cose!
Scatenati,
mondo, e scoppia, io resto qui e canto in sicura tranquillità.
La
potenza di Dio mi protegge, la terra e l’abisso debbono
ammutolire, anche se continuano a rombare..
Commento
Si
tratta in sostanza di una variazione del tema del corale, ma la
melodia originaria è difficilmente riconoscibile. E’ un
brano fondamentalmente drammatico, come si può vedere
dall’inizio, che consiste in un accordo dissonante sulla parola
piena di consonanti Trotz,
che peraltro ha già di per sé un significato’
dissonante’: ‘nonostante’. Le pause, la
riproposizione di secchi gridi su questa stessa parola Trotz,
i vocalizzi nervosi e veloci confermano questa caratteristica del
brano, che è di grande efficacia. Alla fine del brano, senza
soluzione di continuità si passa alla successiva fuga.
6.
Allegro non tanto (Fuga): “Ihr aber seid nicht fleischlich”
Testo:
Ihr
aber seid nicht fleischlich, sondern geistlich, so anders Gottes
Geist in euch wohnet. Wer aber Christi Geist nicht hat, der ist nicht
sein. (Romani, 8, 9)
Traduzione
Ma
voi non siete nella carne ma nello spirito, se veramente lo spirito
di Dio abita in voi. Se uno non ha lo spirito di Cristo, costui non
appartiene a lui. (Romani,
8, 9)
Commento
Secondo
Herreweghe14
questa fuga riassume tutto il pensiero del testo del mottetto, e
proprio per questo “gli ha dato la forma di una fuga, simbolo
del materiale nel suo scrigno immateriale”. Il tema della fuga
consiste di una serie di crome seguite da un vocalizzo di semicrome.
Le diverse voci entrano a due battute di distanza l’una
dall’altra. Alla fine, dopo una pausa, il tempo cambia, da
‘allegro’ diventa andante
e senza soluzione di
continuità apre la strada ad una seconda parte di questo
brano, dal carattere omofonico, di grande efficacia.
7.
Corale: “Weg mit allen Schtzen”
Testo:
Weg
mit allen Schtzen!
Du bist mein Ergtzen,
Jesu meine Lust!
Weg
ihr etlen Ehren, ich mag euch nicht hren,
bleibt mir unbewusst!
Elend
, Not, Kreuz, Schmach und Tod soll mich, ob ich viel muss leiden,
nicht von Jesu scheiden.
Traduzione
Via
tutti i tesori! Tu sei il mio diletto, Gesù, tu sei la mia
gioia.
Via,
vani onori, non vi voglio sentire, restatemi sconosciuti!
Né
la miseria, né il bisogno, né la croce, l’umiliazione
o la morte, per
quanto
debba soffrire, mi separeranno da Gesù.
Commento
Di nuovo un brano drammatico, paragonabile in questo senso al n. 5: due brani ‘concitati’ contornano così il centro di tutta la composizione, cioè il n. 6, la fuga. Anche questa è una variazione del corale iniziale. I soprani cantano, senza modifiche, la melodia originaria che invece le altre voci, con i loro insistenti esclamazione esorcizzanti (Weg. (Weg!) (via, via!) cercano di coprire.
8.
Andante: “So aber Christus in Euch ist”
Testo:
So
aber Christus in euch ist, so ist der Leib zwar tot um der Snde
willen; der Geist aber ist das Leben um der Gerechtigkeit willen.
(Romani, 8, 10)
Traduzione
Se
poi Cristo è in voi, il corpo, certo, è morto a cagione
del peccato; ma lo spirito è vita a cagione della giustizia
(Romani, 8, 10)
Commento
Nell’alternanza
dei generi, siamo qui arrivati alla ‘siciliana’15.
Il brano è per le tre voci più basse del coro (bassi,
tenori, contralti) così come il n. 4 era per le tre voci più
alte. La ‘siciliana’ assomiglia un po’ alla
‘barcarola’: ambedue hanno un andamento cullante e
rassicurante, probabilmente da mettere in relazione al testo, che
assicura il fedele sulla eternità dello spirito. La prima
parte è tutta basata su crome, e quindi la struttura dei 12/8
della battuta è molto evidente. Nella seconda parte invece la
forma della siciliana
è parzialmente alterata dalla prevalenza dei vocalizzi di
semicrome.
9.
Corale (per soprani I, soprani II, contralti e tenori)
Allegretto:
“Gute Nacht, o Wesen”
Testo:
Gute
Nacht, o Wesen, das die Welt erlesen, mir gefllst
du nicht!
Gute
Nacht, ihr Snden,
bleibt weit dahinten, kommt nicht mehr ans Licht!
Gute
Nacht, du Stolz und Pracht! Dir sei ganz, du Lasterleben, guteNacht
gegeben.
Traduzione
Buona
notte, o essere che hai scelto il mondo, tu non mi piaci!
Buona
notte, o peccati, rimanete lontani, non venite più alla luce!
Buona
notte, o superbia, o lusso! A te, vita di depravazione, sia data la
buona notte.
Commento
E’
un brano molto strano, e ambiguo. Per la presenza ripetuta di parole
come “gute Nacht” (buona notte”), sembrerebbe una
specie di ninna nanna. Ma in realtà non c’è
l’atto dell’addormentare con affetto un bambino piccolo.
Il termine ‘buona notte’ è sarcastico. Con esso si
ripudia il male. Insomma la notte viene chiamata ‘buona’
solo ironicamente. Tuttavia la trattazione musicale del brano guarda
alla superficie e non a ciò che c’è sotto. Bach
sembra ignorare il contenuto esorcizzante e prendere sul serio
l’apparenza di ninna-nanna (a meno che sotto ci sia qualcosa di
più sottile, e cioè che abbia voluto completare
l’ironia del testo con una parallela ironia dello stile
musicale).
10.
Poco adagio: “So nun der Geist”
Testo:
So
nun der Geist des, der Jesum von den Toten auferwecket hat, in euch
wohnet, so wird auch derselbige, der Christum von den Toten
auferwecket hat, eure sterbliche Leiber lebendig machen, um des
willen, dass sein Geist in euch wohnet (Romani,
8, 11)
Traduzione
E
se lo spirito di colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai
morti abita in voi, colui che ha risuscitato dai morti Gesù
Cristo darà vita anche ai vostri corpi mortali, per mezzo del
suo spirito che abita in voi. (Romani,
8, 11)
Commento
Si
tratta di una variante abbreviata del n. 2. Le prime 8 battute sono
musicalmente identiche. Poi, nello sviluppo di questo materiale
tematico, abbiamo delle varianti, anche se la fisionomia generale
resta quella. Si ha anche, a partire dalla battuta 18, una breve fuga
simile a quella del n. 2, con le stesse caratteristiche sincopi.
Proprio sul finale abbiamo una piccola concessione alla
spettacolarità con uno svolazzo di crome dei soprani che
prepara la cadenza conclusiva.
11.
Corale: “Weicht, ihr Trauergeister”
Testo:
Weicht,
ihr Trauergeister, denn mein Freudenmeister, Jesus, tritt herein.
Denen,
die Gott lieben, muss auch ihr Betrben
lauter Zucker sein.
Duld
ich schon hier Spott und Hohn, dennoch bleibst du auch im Leide,
Jesu, meine Freude.
Traduzione
Allontanatevi,
o spiriti tristi, poiché sta entrando Gesù, il mio
maestro di gioia.
Per
coloro che amano Dio anche l’afflizione dev’essere dolce
come lo zucchero.
Se
già ora sopporto scherno e derisione, tuttavia anche nella
sofferenza, o Gesù, tu resti la mia gioia.
Commento
Il
corale conclusivo si differenzia da quello iniziale solo per le
parole, mentre la musica è identica.
1
Dietrich Buxtehude, un compositore tedesco del nord, di origini
danesi o svedesi (di qui lo strano cognome) è vissuto dal
1637 al 1707. Lavorò soprattutto a Lubecca. Famoso
soprattutto come organista, ha composto anche molta musica vocale.
Bach lo ammirò moltissimo e andò appositamente a
Lubecca per ascoltarlo. In un certo senso può essere
considerato il precedente settentrionale di Bach, mentre Pachelbel è
il suo precedente meridionale (parliamo qui del sud della Germania).
2
Cfr. Paul Steinitz, La
musica sacra tedesca, in
Storia della musica
(The New Oxford History of Music),
Feltrinelli, Milano, 1978, vol. V, p. 793.
3
Per ‘mottetto’ o ‘motetto’ si intende una
composizione corale a cappella (cioè senza orchestra) di
soggetto sacro, la cui nascita si colloca all’inizio del XIII
secolo.
4
Utilizzo qui la traduzione del salmo 96, contenuta nella Bibbia
Concordata, Mondadori, Milano, 1982 (vol. II, p. 124)
5
Dietrich Buxtehude, un compositore tedesco del nord, di origini
danesi o svedesi (di qui lo strano cognome) è vissuto dal
1637 al 1707. Lavorò soprattutto a Lubecca. Famoso
soprattutto come organista, ha composto anche molta musica vocale.
Bach lo ammirò moltissimo e andò appositamente a
Lubecca per ascoltarlo. In un certo senso può essere
considerato il precedente settentrionale di Bach, mentre Pachelbel è
il suo precedente meridionale (parliamo qui del sud della Germania).
6
Per ‘progressione’ si intende la ripetizione di un
frammento melodico su gradi diversi della scala, in direzione
ascendente (come in questo caso) o discendente.
7
Come è noto, il personaggio di Ossian è stato materia
di un vero e proprio falso letterario: il poeta scozzese J.
Macpherson affermò di aver trovato le sue poesie, mentre
queste erano state composte da lui stesso. Herder, che fu tra i
principali cultori della poesia popolare alla fine del Settecento,
era naturalmente interessato a queste cose, e fu autore anche di un
epistolario su questo poersonaggio.
8
Cfr. Marion Bless, opuscoletto illustrativo dell’edizione
discografica diretta da Jrgen
Jrgens
(“Das alte Werk,” –
Teldec
– 4509-936872).
9
Cioè un brano dalle caratteristiche intermedie tra quelle del
recitativo e quelle dell’’aria’.
10
Ibidem.
11
Dopo aver ascoltato un motetto di Buxtehude sentiamo un altro
esemplare di questo genere, composto dall’autore che ha avuto
il ruolo più importante nel trattare questo tipo di
composizione. Bach ha un posto importante nella storia di questo
genere, che egli “tratta con la massima libertà
testuale, musicale e ritmica” (“Nuovo dizionario Ricordi
della musica e dei musicisti”, Milano, 1976, p. 452).
Schweitzer (G. S.
Bach, Il musicista-poeta,
Edizioni Suvini Zerboni, 1905) dice che i motetti “non sono
altro che cantate senza ‘a soli’”. Lo stesso
medico e musicologo (premio Nobel per la pace) sostiene che “anche
in questo caso non si può perciò parlare di opere
vocali pure”, mentre per ‘a cappella’ in
quell’epoca “s’intende designare un coro sostenuto
dall’organo, od anche e più spesso una musica in cui le
voci sono rinforzate dagli strumenti.”
12
Op. cit. pp. 274-275.
13
Per i brani tratti dall’Epistola
ai Romani di S.
Paolo, riporto la traduzione della Bibbia
concordata (Milano,
Mondadori, 1982, vo. III, pp. 389-390).
14
Opuscoletto illustrativo all’edizione discografica da lui
stessa diretta (Harmonia mundi 901231).
15
Cfr. Dizionario
Ricordi della musica e dei musicisti,
pp. 608-609: “Antica danza d’origine italiana, in 6/8 o
in 12/8, di andamento moderato e carattere pastorale. Spesso
indicata col termine alla
siciliana, fu
adottata sia nella musica strumentale (sonata e suite) sia nella
vocale, particolarmente nel XVII secolo.”